Di ritorno da una bella settimana nel sud della Spagna, leggo oggi il dibattito nato su questo blog a seguito di un recente post sui lati positivi e negativi della Svezia. Tra l'altro, leggo molti commenti riguardo alla sanità e all'istruzione svedese, e vorrei aggiungere qualcosa di mio a proposito.
Premetto di non avere alcuna esperienza di scuole svedesi, tranne la Komvux (scuola comunale per adulti, gratuita, che offre un'ampia varietà di corsi dal livello basico a quello superiore) che ho frequentato per migliorare lo svedese. Tuttavia vorrei dire la mia sull'istruzione in campo medico dal momento che posso constatare con mano, nel mio campo lavorativo, quale sia la media della preparazione scientifico/professionale dei miei giovani colleghi medici al termine degli studi in medicina, e quale sia il livello professionale di tutti gli altri colleghi in generale.
In Svezia gli studi medici durano 5 anni e mezzo: un po' meno dell'Italia, dove la laurea in medicina richiede 6 anni. Apprezzabile fin dal primo anno di corso, è l'attenzione riservata in Svezia alla parte "pratica" del corso di studi, con tirocini in ospedale e contatto con il paziente. In Italia, al contrario, moltissima importanza viene riservata alla parte teorica, soprattutto nei primi 3 anni di corso, con lezioni dettagliatissime delle materie propedeutiche, ma anche negli ultimi 3 anni, in cui le risorse dedicate alle attività pratiche sono abbastanza limitate (almeno nei miei ricordi degli studi padovani). Certamente l'approccio italiano può essere utile a coloro i quali sono più interessati alla ricerca medica di base che alla professione di medico a contatto con il paziente, ma dal punto di vista pratico ritengo l'approccio svedese più utile e stimolante.
A partire dal 4° anno e mezzo, poi, gli studenti di medicina svedesi sono autorizzati a "lavorare" sotto supervisione per periodi anche abbastanza lunghi (per esempio nei mesi estivi, e per alcune settimane anche durante i semestri accademici), dietro compenso monetario non simbolico, in ospedali/presidi di medicina di base convenzionati con l'università, per apprendere gradualmente le routine lavorative e formarsi professionalmente. Non è quindi raro che mi sia trovata a dividere i miei turni di guardia anche notturni e festivi con giovani aspiranti medici, detti "läkarassistent" o "assistenti medici", che si cimentano inizialmente con i pazienti meno complicati e che naturalmente consultano i colleghi più anziani durante il processo diagnostico/terapeutico.
Dopo la laurea, e prima di poter sostenere l'esame per l'abilitazione professionale, i neo-dottori sono obbligati ad un anno e mezzo di tirocinio professionale (chiamato AT o Allmänntjänst), che si svolge a rotazione in medicina interna (comprese le attività di pronto soccorso), chirurgia generale/ortopedia/anestesia e rianimazione, medicina di base, psichiatria più alcuni periodi in specialità a scelta del singolo. A differenza che nel tirocinio professionale italiano, il medico AT opera del tutto indipendentemente, sempre con il diritto/dovere di consultare i colleghi più esperti, e può/deve farsi carico di prescrizioni, ricette, certificati: insomma deve saper fare tutto quello che possa essere richiesto ad un medico non specializzato.
In conclusione: i medici qui in Svezia, una volta raggiunta l'abilitazione professionale, hanno alle spalle un percorso molto più "pratico" e lungo che in Italia, il che li porta ad essere in media professionalmente più preparati rispetto ai neoabilitati italiani, che spesso di esperienza clinica ne hanno pochina (a meno che non se la siano creata per iniziativa personale). Quindi a mio parere l'istruzione medica in Svezia non è per niente di basso livello, e non ha nulla da invidiare a quella italiana. Semmai, il contrario.
Venendo ai medici di medicina generale, altro argomento alquanto dibattuto su queste pagine, leggo qui che sono stati spesso definiti incompetenti, cosa che raramente ho potuto constatare personalmente nel mio anno di esperienza qui. Le visite, tanto in ospedale quanto dal medico di base, sono sempre documentate molto dettagliatamente nella cartella clinica elettronica (quante volte il vostro medico di base documenta il tutto per iscritto con anamnesi dettagliata ed esame obiettivo ogni volta che andate a farvi visitare in Italia ?) e i medici di base si fanno carico di molti più problemi "di poco conto", anzichè spedire il povero paziente al Pronto Soccorso (quanti medici di base nel Bel Paese sanno/vogliono eseguire personalmente la rimozione di un'unghia incarnita, una rettoscopia, una sutura di una ferita cutanea ?).
Quanto poi alle visite mediche a domicilio, anche qui è possibile ottenerle, purchè il motivo sia effettivamente valido. Durante le mie numerose esperienze da sostituta di medici di base, ricevevo richieste di visite a domicilio per motivi piuttosto futili: febbre 38° C e mal di gola da 1 giorno (l'esistenza degli antipiretici è evidentemente sconosciuta e la condizione è ritenuta evidentemente grave), o lombalgia con paziente che tranquillamente passeggiavano per casa propria (ma si ritenevano troppo gravi per recarsi - o farsi accompagnare - dal medico). Ecco: qui la visita medica a domicilio si ottiene solo se si è effettivamente impossibilitati a recarsi dal medico (per esempio anziani costretti a letto). Per tutto il resto, ci sono la macchina, il bus, il taxi o i propri piedi fino all'ambulatorio più vicino. E se non ce la si fa (davvero), probabilmente è il caso non di cercare il medico di base ma il pronto soccorso.
I tempi d'attesa a volte sono lunghi (problema comune a tutti i sistemi sanitari pubblici, a quanto pare), ma anche qui vige una garanzia sui tempi d'attesa: contatto con il proprio medico di base lo stesso giorno della richiesta (questo vuol dire valutazione del problema: se non è urgente l'appuntamento può venir dato anche nei giorni successivi), visita dal medico in ogni caso entro 7 giorni, visita specialistica su richiesta o terapie particolari entro 90 giorni. Mi sembrano tempi assolutamente paragonabili a quelli della sanità pubblica italiana (raramente sono riuscita ad avere un appuntamento dal mio ex- medico di base italiano lo stesso giorno, e lo stesso succede ora ai miei genitori che tuttora abitano in Italia, e per le visite specialistiche ho spesso dovuto aspettare mesi). Ovvio che il confronto non regge con la sanità privata a pagamento, ma questo è un altro discorso.
Infine, per tutti coloro che (in Italia o in Svezia) credono che alla visita del medico di base si possa sostituire un consulto telefonico a distanza posso dire che lo facciano a proprio rischio e pericolo, e povero quel medico che verrà poi denunciato per aver fatto diagnosi sbagliata al telefono ad uno sprovveduto paziente che non tarderà però a consultare il proprio avvocato.
aggiungo anche, da esperienza personale, che tutte le visite che riguardano bambini cercano sempre di farle nella stessa giornata della chiamata, anche se non urgentissime, e sono completamente gratuite.
RispondiEliminaDurante la gravidanza non si paga nulla, nemmeno per l'amniocentesi, l'ecografia o l'epidurale: quest'ultima viene anche concessa senza troppe storie, mentre mi pare che in italia é molto mpiú difficile ottenerla. Lode ed onore al sistema svedese.
Mi sarei aspettata invece un paio di controlli in piú riguardo la prescrizione della pillola contraccettiva: a Padova mi hanno controllato i valori di fegato e rischio trombosi, mentre qui la prescrivono senza troppa anamnesi, cosa su cui sono un po' dubbiosa.
Con tutto il rispetto che provo per l'autrice del blog, volevo dire la mia sul consulto telefonico.
RispondiEliminaE' del tutto vero che la visita del paziente è un momento irrinunciabile del processo diagnostico, purtroppo, però, la situazione che siamo costretti ad affrontare, almeno in Italia, è del tutto diversa.
Lavoro come medico di famiglia da 22 anni e senza l'aiuto del telefono non avrei 5 minuti da dedicare ad ognuno dei miei pazienti.
E' anche vero, però, che il telefono è uno strumento che deve essere saper usato ed ovviamente sta poi al singolo, secondo scienza e coscienza, valutare il paziente che necessita di un esame clinico accurato.
Volevo solo riportare la mia esperienza personale, senza per questo voler sollevare una polemica.
Rinnovo, comunque, tutta la mia stima per Silvia, che ammiro molto.
Silvia, qui essere paziente e non saperne molto di medicina é molto diverso. Anche io ho in genere quello che voglio, ma perché lo pretendo in quanto sono nel campo. Purtroppo la tendenza é di lasciar correre, che spesso va bene tanto ci pensa la natura, ma altre volte comporta seri problemi.
RispondiEliminaSulla preparazione io ti posso parlare dei tanti studenti che ho avuto da queste parti, spesso da mettersi le mani nei capelli. Non sempre, ma molto di piú di quanto facevo la stessa cosa in Italia. Considera che qui anche all'Universitá é praticamente impossibile venire bocciati e non ci sono i voti d'esame.
Gatto, su questo non mi arrendo. Mica sono i voti che fanno le conoscenze, sono le conoscenze che si mostrano con i voti, ma non vuol dire che senza i voti non ci sono le conoscenze...
RispondiEliminaMa senza i voti l'essere umano non ha stimoli a studiare di piú, ma i piú (80-90%?) fa il minimo indispensabile. Quantificare non é bello, ma serve. Se tutti abbiamo passato lo stesso esame, ma tu con 10 ed io con 8, tu ne sai di piú di me. E cosi posso anche decidere chi assumere dal voto di laurea.
RispondiEliminaGrazie di questo post molto informativo. Grazie al quale ho scoperto tra l'altro che posso dire di avere avuto dei buoni medici di base in Italia :) quello attuale non mi ha mai spedita al pronto soccorso e registra abitualmente analisi e referti al pc. E poi mi cura con sale e bicarbonato piuttosto che con vicks vaporub e simili ;) ...ehm, il che fa intuire che a volte lo chiamo per casi non gravi, però se ho una gran tosse preferisco sempre farmi dare un'auscultatina...non è facile prendere le misure dei propri malori quando di medicina si sa poco o meglio niente.
RispondiEliminaP.S. pardon ovviamente intendevo malanni, non malori, di quelli fortunatamente non ne ho avuti mai %)
RispondiEliminaMa che? Non è uno stimolo abbastanza forte imparare qualcosa? Poi che i voti servono per quantificare è un'altra cosa.Non sono tanto sicura che sono i medici con i voti più alti che sono i medici più bravi. Gli insegnanti che sono più scarsi sono quasi sempre quelli con i voti più altri dall'università. Quello che si impara da un libro, si può sempre imparare, ma quello che noi chiamiamo "tyst kunskap" è molto difficile imparare se non lo hai già. Ci vogliono anni e anni di esperienza.
RispondiElimina@carin concordo con te.
RispondiElimina@gatto: La scuola italiana di oggi non permette più di capire, insegna solo a prendere i voti, tanti bellissimi e "stupidissimi" numeri che "misurano" l'intelligenza del "verificando", anzi no, no, è vero, misurano la prestazione orale o scritta e non danno una valutazione personale, assolutamente! Sarebbe ridicolo no? E poi sappiamo tutti che non è altrettanto vero che i primi voti che uno studente prende saranno con buona probabilità gli stessi per tutto il corso dell'anno! No, certo, non capita mai!
RispondiEliminaI professori non hanno pregiudizi! Non mentono mai! Gli asini volano! Anche questo è vero! Basta crederci...
Io invece concordo con Gatto..non ritengo un buon metodo non dare voti..in un sistema meritocratico è giusto premiare chi studia di piu'e ottiene migliori risultati,questo appiattimento del "siamo tutti uguali"non mi sembra giusto..certo,puo'capitare che chi non studia prenda bei voti,ma qualnte volte gli puo'capitare all'interno di una carriera scolastica?posso dire,almeno in base alla mia esperienza anche all'università, che chi si è laureato con bei voti è chi ha studiato e si è sbattuto piu'degli altri, o chi è particolarmente dotato.Tutte cose che è giusto premiare a mio parere.Con questo non voglio dire che tutta la carriera scolastica debba essere basata sui voti, ovviamente l'apprendimento è la cosa principale,ma l'apprendimento si verifica con i voti!
RispondiEliminaNella discussione tra gattosolitario, Carin, Franco e Hans Halmsson vorrei dire la mia da ex insegnante che se n'è andato 20 anni fa dalla scuola disgustato dai colleghi dopo 17 anni di insegnamento.
RispondiEliminaCome dice Carin "Ma che? Non è uno stimolo abbastanza forte imparare qualcosa?" per me dovrebbe essere il motivo principale dell'insegnare, inventarsi un modo per stimolare l'(auto)apprendimento dell'allievo, stimolarlo a fare un passo in più di quello che sa non "mostrare" che ha imparato (magari a memoria) quello che, nel migliore dei casi, l'insegnante ha esposto.
Il cosiddetto "voto di profitto" dimostra, al massimo, una sola cosa: che in quel preciso momento e per quelle specifiche domande la sua, dell'allievo, conoscenza è numericamente esprimibile con il numero xxx (anche in base alle conoscenze, per non dire altro, dell'insegnante).
@Gatto: "Se tutti abbiamo passato lo stesso esame, ma tu con 10 ed io con 8, tu ne sai di piú di me. E cosi posso anche decidere chi assumere dal voto di laurea." è una buona scusa per un insegnante laureato con 110/110 (e lode) di non sapere insegnare e dichiarare (caso reale) che "yyy lo boccerò di sicuro perché non capisce nulla" (addi 01 ottobre dell'anno 19xx, peccato che il soggetto del pre-giudizio sia ora un quotato dirigente di una multinazionale)
@Franco: posso confermare da ex insegnante: il primo voto si autoreplica a meno di eventi "catastrofici" come una sopravvenuta antipatia ...
Per non essere prolisso: siamo così sicuri che un numero possa rappresentare una persona ?
con una salciccia in mano ad un cane fai fare tutto. Ma quanto ti costano tutte le salsiccie? E il cane non vedrà altro che salsiccie!
RispondiElimina@Beppe:
RispondiEliminaForse in alcuni punti sono stati toccati argomenti delicati con toni provocatori(da parte mia...)
Ma bene ha fatto Carin ha parlare di alcuni aspetti che spesso pesano sugli studenti in modo rilevante e deleterio.
Mai lasciarsi influenzare da un numero su un foglio, non è quello a determinare il vero valore un essere umano.
Un saluto.
Scusa Karin, mi sai dire una pubblicazione scientifica in cui si misura come gli insegnanti con voti migliori poi siano i peggiori nel lavoro? Perché mi sembra un attimo qualunquista come frase.
RispondiEliminaFranco, io nella scuola italiana ci sono stato, e ti assicuro che non é cosi.
Nella mia esperienza di ricercatore universitario e tutor di molti studenti (sia in Italia che in Svezia) chi ha buoni voti puó non essere bravo nel lavoro, ma non ho mai incontrato una persona con brutti voti che poi era invece miracolosamente capace di lavorare al meglio.
Beppe io sono stato "misurato" in ogni cosa che ho fatto. Quando ero studente ho avuto i voti e non mi hanno mai fatto paura, quando ero ricercatore contavano quanti articoli avevo pubblicato, su che giornale e con che "impact factor" (un numero), ora nel mio lavoro ho dei chiari obiettivi misurabili ed houn voto. Non ci vedo niente di male.
@Gatto:
RispondiEliminaa scuola in Italia ci sono stato anch`io e si vede purtroppo…per questo ho sempre creduto che gli insegnanti italiani vadano distinti in quattro grandi gruppi:
Nel primo (purtroppo più numeroso degli altri tre) troviamo quelli che credono di avere la verità in corpo dalla nascita e che sono capaci quindi di ogni angheria pur di imporre il loro "credo" allo studente inerme;
nel secondo troviamo i mediocri, che pur di condurre una vita tranquilla e serena sono disposti a fare della scuola un ufficio postale dove pacatamente e in maniera estremamente burocratica trascorrere la loro triste e vuota esistenza;
il terzo è composto dai famigerati "frustrati" che, vittime di una vita dettata dall'umiliazione di non essere riusciti a concludere nulla, si vendicano sfogando tutto il loro insensato odio sul povero alunno;
l'ultimo nucleo (che non è assolutamente da tralasciare) comprende la stretta cerchia degli "onesti" o dei "corretti" che, per passione o per correttezza svolgono il loro compito al meglio (ovviamente entro i limiti delle loro capacità).
@gattosolitario: forse non sono stato chiaro, e me ne scuso, ma il problema - come tu mi confermi - è nel binomio (studente, docente) che si esprime una valutazione.
RispondiEliminaQuando parli di "voti che non mi hanno mai fatto paura" esprimi quello a cui ogni studente ha diritto: imparare ad apprendere non imparare a dipendere dal voto ottenuto (se hai avuto 7 sei bravo, se hai avuto 5 sei ...)
Quando parli di "impact factor" parli di quello che dovrebbe essere, e molto spesso è, una valutazione del tuo lavoro da parte dei "colleghi" che sono interessati alle tue risultanze e le utilizzano per andare avanti (ti ricordo che l'impact factor non è ben visto in Italia per valutare il lavoro di un ricercatore/docente ecc.)
"Ora nel mio lavoro ho dei chiari obbiettivi misurabili ..." è esattamente quello che nella scuola non è presente per uno studente o, meglio, è presente un solo obiettivo "misurabile": ottenere un buon voto !
Il "busillis" è tutto qui.
Ancora un intervento:
RispondiElimina@franco: sono del tutto daccordo con te, non sei stato provocatorio anzi...
"I professori... Non mentono mai!" Io me ne facevo vanto, ad ogni inizio anno nel discorsetto iniziale alla Classe dicevo "Qualche volta mi sbaglio perché mi sbaglio, qualche volta lo faccio apposta; non fidatevi di quello che dico, usate la vostra testa non la mia".
Dopo due o tre "sbagli" opportunamente inseriti ti garantisco che imparavano a non fidarsi e a verificare ! (Complice anche un'altra frase che inserivo nelle "interrogazioni": Perché ? sia che la risposta fosse giusta sia che fosse sbagliata ! E la risposta doveva essere diversa da: è così perché è così
@gattosolitario: una piccola aggiunta a proposito di "impact factor": in Italia ciò che conta è se e quanto hai pubblicato nell'ultimo anno, due anni, tre anni ... non se qualcuno in giro per il modo ha letto e citato, appropriatamente, i tuoi lavori ( non solo citato perché come sai in una bibliografia si può inserire quello che si vuole e "per fare un favore ad un amico ..." ).
@gatto: Sono stanca e non riesco a esprimermi in italiano. Non ho nessun appoggio dal mondo scientifico per quanto riguarda la mia osservazione che gli insegnanti con i voti più alti sono quelli più scarsi. È solo un mio parere. Non penso proprio che nessuno ha scritto niente sul argomento. Poi non volevo dire che TUTTI con i voti alti sono scarsi, non proprio, ci sono anche tanti bravissimi, forse anche quelli più bravi, ma ho notato che quasi tutti gli insegnanti che non riescono ad insegnare come si deve, sono quelli che hanno i voti più alti dall'università. E parlo solamente di quelli che ho incontrato io, logicamente non un numero abbastanza alto per avere validità scientifica! Questi insegnanti,o hanno problemi perché si considerano così superiori che non riescono ad "abbassarsi" al livello dei ragazzi con il risultato che i ragazzi non capiscono niente e perdono la voglia. O sono tipi che hanno sempre studiato, e molto, ma non hanno nessun talento sociale, infatti spesso non vogliono neanche insegnare e non vogliono assolutamente avere da fare con adolescenti o bambini. O sono persone con tantissime conoscenze che non hanno i metodi per aiutare gli allievi ad apprendere quello che vogliono insegnarli.
RispondiEliminaUn insegnante con conoscenze un po' scarse può sempre imparare più ma un'insegnante che non sa mettersi sul livello dei ragazzi, non ha metodi per incuriosirli, non ha competenza sociale, ha veramente difficoltà migliorare/cambiare.
Non era il mio scopo però dire che chi ha un voto alto è peggio come insegnante. Volevo solamente dire che non sono neccesariamente così che i voti mostrano quanto sei bravo, specialmente non quando si tratta di mestieri nelle quali hai da fare con gente. Con i voti puoi solo misurare certe cose, e non sono sicura che sono sempre quelle più importanti. Ma non interpretare questo parere mio come disprezzo per chi ha ottenuto voti alti, perché non è proprio così (anche io avevo voti alti a scuola), ma ci sono sicuramente tanti allievi con conoscenze molto importanti, conoscenze che non vengono considerati nella valutazione. Per il resto, Beppe ha detto esattamente quello che io avrei scritto se fossi stata più fluente in italiano!
@Carin: ho letto il tuo ultimo blog Il motivo dell'apprendimento e ritengo che tu sia stata chiarissima su quali sono gli obiettivi e le motivazioni che ciascuno studente si porta dietro nello studio e che, spesso, vengono frustati dalla metodologia applicata nelle scuole.
RispondiEliminaUna precisazione a proposito de "I professori... Non mentono mai!" : l'unica cosa che un insegnante non deve mai fare è quella non ammettere la sua ignoranza ... (magari coprendola, come spesso succede, con un "brutto" voto e/o una dichiarazione di "incapacità" di ascoltare/capire da parte dell'allievo) ... gli studenti se ne accorgono in fretta e gli effetti sul loro "starti a sentire" sono deleteri !
Nessuna fiducia potrà mai essere riposta in un insegnante che "sa tutto" per definizione di insegnante !
@gatto
RispondiEliminai professori vivono di pregiudizi,
la mia media è solo un punto più alta della media dei miei primi 2 esami. Il mio primo esame è stato un disastro e la professoressa stessa mi aveva suggerito di non accettare il voto, perchè difficilmente gli altri professori non si sarebbero fatti suggerire il voto proprio da questo.
Infatti, quando dovevano decidere per il voto il mio libretto veniva squadrato per benino e il voto che mi veniva proposto era spesso la media dei primi due esami.
Molto meglio andavano gli esami scritti, dove non ci poteva essere pregiudizio.
Ora so che qualcosa è cambiato e i professori non possono più guardare il libretto, e questa mi sembra davvero un'ottima cosa.
La questione dei pregiudizi purtroppo è spinosa e l'ho provata sulla mia pelle all'inizio della mia vita universitaria. Io ho studiato Astronomia che notoriamente è una facoltà tra le più difficili.
RispondiEliminaI voti bassi che ho preso nei primissimi esami li ho scontati fino al settimo esame quando finalmente sono riuscito a prendere 29 (e fino ad allora tutti i prof scrutavano bene il libretto prima di decidere...). Da quell'esame poi le cose sono cambiate ed i voti si sono spostati sull'altra estremità (27-30) e da là non si sono più spostati.
Infatti, credo che sia scorretto guardare il libretto prima di decidere il voto. Io personalmente e i miei colleghi qui in Dipartimento non lo facciamo mai. Certamente è interessante poi dare un'occhiata ai voti precedenti (rigorosamente dopo aver comunicato il voto allo studente) e a volte vedere con soddisfazione che magari è il suo primo 30!
RispondiEliminaio per esempio ho sempre trovato INGIUSTO che :
RispondiElimina- un tema di italiano venisse giudicato con un 5 dalla prof. e poi con un 7 da un' altro
insegnante ignaro del precedente voto. Questo l'ho fatto fare in 2a superiore perché con quella prof di italiano non riuscivo a prendere la sufficienza. E già qui mi innervosivo. Poi passato in 3a superiore e cambiata insegnante i miei voti erano tutti un 6, 6 e mezzo, sette.
I temi di Italiano sono troppo soggettivi da giudicare. Purtroppo non giudicano solo la grammatica ma anche il contesto e/o le idee. Quindi se tu esprimi un pensiero in contrasto con quello della Prof ti prendi una bella insufficienza.
I compiti scritti dovrebbero usare un codice alfanumerico per identificare chi l'ha fatto. niente nomi e cognomi per evitare le "preferenze" e "pregiudizi" degli insegnanti. Si sa che gli insegnanti vanno a simpatia e chi sa leccare bene guadagna ingiustamente bei voti.
Concordo con chi dice che i voti alti non sono sinonimo di bravura nel lavoro e nella vita.
Come mi ha detto recentemente un esperto di quiz "misura cervelli" , i vecchi Q.I. misurano l' intelligenza e basta. Cioè ti dicono se in testa hai una cinquecento o una Ferrari... ma non dicono se e come sei capace di guidarla.
ritornando al discorso insegnanti a me sta bene essere giudicato come alunno , ma sarebbe giusto che gli alunni potessero giudicare gli insegnanti con una pagella finale. In questo modo quante teste di insegnanti vedremo saltare ?
Molto interessante questo dibattito!
RispondiEliminaVolevo solo aggiungere una cosa riguardo la preparazione degli studenti di medicina e dei neolaureati svedesi. Tutti quelli con cui mi è capitato di lavorare finora avevano la giusta preparazione teorica, qualcuno era anche molto brillante, ma nessuno insufficiente. Inoltre tutti senza distinzione erano migliori della media dei loro coetanei italiani allo stesso punto nel corso dei loro studi (e ci metto dentro anche la me stessa dell'epoca) riguardo alla capacità di applicare le loro conoscenze nella pratica clinica nonchè alla capacità di interagire e comunicare con gli ammalati. E questa è una capacità che i volti del corso di laurea in Medicina, almeno come è concepito in Italia, non misurano affatto! Anzi nemmeno viene insegnata, visto che il tirocinio clinico è estremamente ridotto e affidato alla buna volontà dei singoli. Qui in Svezia non ci saranno voti e magari, come nota Gatto, gli studenti saranno meno brillanti nelle materie precliniche, cioè quelle più teoriche e che magari invece servono di più nel mondo della ricerca. Però come spiegava bene Silvia incontrano gli ammalati veri fin dall'inizio e sono stimolati a ragionare e a mettere in pratica quello che studiano da subito. E secondo me ne escono medici più preparati ad affrontare la realtà lavorativa.
All'università italiana, a causa dell'impostazione estremamente teorica, può prendere voti alti anche chi è dotato di un'intelligenza molto astratta e poi non sa applicare le sue conoscenze. Uno così non sarà un bravo medico. Al contrario, ho conosciuto più di un collega che non è uscito con voti alti ma che poi, a forza di passione vera per il lavoro, onestà, scrupolo e umiltà era veramente bravo "sul campo". Non per dire che i voti vanno interpretati al contrario, ci macherebbe! Ma non misurano tutte le qualità necessarie per lavorare.
PS sul fatto dell'essere valutati dai risultati, nel lavoro, sono perfettamente d'accordo. Per i ricercatori, come ricordava Gatto, esistono sistemi abbastanza oggettivi che purtroppo in Italia non si vogliono applicare. Per altre professioni come il medico o l'insegnante è più difficile ma bisognerebbe almeno provarci. Silvia e io abbiamo in questi giorni il nostro colloquio annuale con il direttore della clinica che serve appunto per valutare la qualità del nostro lavoro... una cosa del genere in Italia non l'ho mai vista, sarebbe un buon punto di partenza.