martedì 15 gennaio 2013
Il bavaglio NO !
Galileo va all'asilo (nido) da ormai 5 mesi, con qualche pausa più o meno lunga per vacanze o malanni di stagione. La nostra esperienza finora è ottima e mi sembrava interessante fare ora un punto della situazione e qualche considerazione generale sul metodo educativo in Svezia. Zarinaia, con cui si è discussa la cosa a voce, ne sa sicuramente più di me, ma ci sono cose che balzano anche ad occhi non esperti come i nostri.
1. Orari di permanenza: il nostro Galileo va all'asilo dalle 7:15 alle 15:00, grazie al fatto che ultimamente mi sono potuta permettere di uscire dal lavoro un paio d'ore prima al giorno grazie alle tante ore di straordinario accumulate nei mesi passati. Volendo avremmo potuto lasciarlo anche fino alle 17-17:30, e la struttura è aperta comunque fino alle 18 per chi ne ha bisogno. Ed è proprio il "per chi ne ha bisogno" che è la chiave del sistema. Nei giorni di ferie o quando non si è al lavoro (per i motivi più disparati, tranne la malattia) non è permesso lasciare i bambini all'asilo ! L'asilo non è un parcheggio, e quindi non si può andare dal parrucchiere o a fare un massaggio mentre la maestra tiene d'occhio i pupi. I bambini i cui genitori sono a casa in congedo parentale per l'arrivo di un fratellino/sorellina possono andare all'asilo ma con un tetto massimo di 15 ore (qui in Östergötland; a Stoccolma sono più generosi e il tetto è 30 ore). Sembra una regola molto severa e in effetti lo è, perchè obbliga i genitori a stare con i propri figli in ogni momento tranne che al lavoro (e per chi non ha nonni-babysitter nelle vicinanze, come molti svedesi e come anche noi, leggi: tempo per sè stessi pari a zero). Ma è anche un modo affinché le famiglie si prendano le proprie responsabilità (leggi ancora: i figli non si fanno perchè qualcun altro li tenga) e perchè tutti possano avere diritto all'asilo pubblico a costi ragionevoli (ridicoli, se paragonati alle centinaia di euro al mese che si spendono in Italia).
2. Attività educative e personale: la stragrande maggioranza del personale che lavora nel "nostro" asilo ha delle specifiche qualifiche educative e le attività svolte all'asilo devono seguire uno specifico piano didattico ("läroplan"). Ricordo a mio tempo l'asilo delle suore (e di asili delle suore ce ne sono ancora parecchi in Italia) - pensare a personale con specifiche conoscenze di pedagogia e psicologia infantile è pura utopia !
3. Tutti all'aria aperta: il limite minimo per uscire e giocare in giardino è stabilito a -10°C. Neve, pioggia o vento tutti i bambini escono 2 volte al giorno, mattina e pomeriggio, doverosamente equipaggiati con vestiti adeguati. Una volta alla settimana tutti i bambini fanno addirittura ginnastica con la musica in giardino (anche d'inverno). Che dire degli asili italiani dove l'inverso si passa SEMPRE al chiuso nonostante le temperature decisamente più miti ?
3. Rispetto dei bambini e promozione della loro indipendenza: Il primo giorno di asilo notavo con sorpresa che nessuno dei bambini del gruppo di Galileo (12 bambini di età compresa tra 1 e 2 anni, che fanno riferimento a 3 maestre) utilizzava il bavaglio a pranzo. Ma come, io che ricordavo che in Italia i bambini lo usano almeno fino all'età delle elementari ?!? E poi, che dire di piatti di porcellana anzichè di plastica, bicchieri di vetro, stoviglie da adulto (forchetta - e, udite udite, coltello a partire dai 2 anni) ? Ma questi bambini non fanno disastri, non si infilzano a vicenda le forchette negli occhi, non si tagliano le dita ? Beh.... no ! Imparano semplicemente ad essere indipendenti e responsabili. Se non mangiano, non c'è nessuno che li imbocca. Se si rovesciano addosso l'acqua, impareranno in fretta che essere bagnati non è così piacevole. Posso confermare che ultimamente Galileo torna a casa con la stessa maglietta con cui lo portiamo alla mattina, e non è nemmeno sporca... E poi, volete mettere la sensazione di indipendenza, e l'orgoglio per "essere grande" per il bambino stesso ? A volte penso proprio che le madri italiche dotate di bavaglio in una mano e canottiera di lana nell'altra proprio non vogliano che i figli crescano e diventino indipendenti...
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23 commenti:
Anche io in Slovenia mi sorprendevo di quanto fossero autonomi i ragazzini e quante 'responsabilità' avessero fin da piccoli ... Tutto un altro mondo anche quello ... Invece la Spagna è come l'Italia, con bimbi viziatissimi e poco indipendenti ...
Ciao ragassi (la "ss" é un difetto di pronuncia legato alla terra d'origine). Mi permetto di commentare dato che la Bea ha circa la stessa etá di Galileo e frquenta l'asilo da circa 10mesi. Confermo in pieno tutto quello che avete scritto. Fino a quando l'Ila non ha iniziato l'SFI e il Komvux la Bea poteva stare al dagis solo 15ore. Una volta inziato a studiare completa fessibilitá di orari. L'asilo non é un parcheggio!!!
La Bea é diventata indipendentissima, dopo pochi mesi aveva giá imparato a infilarsi la sua tutona invernale da sola e guai a chi prova a metterle le scarpe..."Mamma IO, Mamma IO!!!". Ormai a casa per mangiare si usano rigorosamente piatti, bicchieri e posate da adulti e tanti saluti ai piattini e ai bicchierini di plastica con la foto di Topolino. Personalmente la differenza l'abbiamo notata molto quando siamo rientrati in Italia per le vacanze di Natale.
Per quanto riguarda le attivitá all'aria aperta anche sotto zero vi posso solo dire che a Dicembre c'é stata una settimana con temperature sempre sotto i -10C e i bambini sono sempre rimasti dentro. Beh é stata l'unica volta in cui la Bea si é ammalata (qualcosa vorrá pur dire, no?!?)
Ciao e a presto.
ah quanto fa bene/male leggere queste cose paragonandole alla nostra situazione attuale.
Per di più si capisce come il problema sia proprio radicato nella cultura italiana.
Ciao, vorrei spezzare una lancia nei confronti dei nidi italiani. Non so se l'asilo dove ho mandato (e mando) i miei sia una mosca bianca, ma da quanto sento non è così. E', a dir la verità, un asilo montessoriano-psicomotorio, come però ce ne sono molti, almeno nella mia zona. I bambini sono stimolati moltissimo ad essere indipendenti, secondo il motto di Maria Montessori "aiutami a fare da solo". Si mangia con piatti di ceramica e bicchieri di vetro, con posate vere. Nessun bambino viene imboccato, se lascia le cose nel piatto non importa. I bambini hanno gli appendini con le loro foto, e dopo pochi giorni imparano a riconoscerli per prendere autonomamente il proprio asciugamano, il proprio bavaglino (quello sì), a metterlo da soli, imparano ad appendere i propri abiti, imparano a lavarsi le mani da soli, ecc... Imparano a riposare da soli, ognuno sul suo lettino montessoriano. Coltivano un piccolo orto all'aperto. Fanno psicomotricità tutti i giorni. Gli orari sono molto flessibili (dalle 7,30 alle 18). E, devo dire, di tutti i genitori che conosco, nessuno parcheggia i figli al nido per andare dal parrucchiere o in palestra... ma questo probabilmente perchè l'asilo purtroppo in Italia si paga salato, e nessuno ci manda i propri figli se non ne ha una vera necessità.
Ah, e ovviamente tutte le educatrici sono laureate e anche molto preparate; credo che negli asili pubblici o parificati si possa lavorare solo se in possesso della laurea (triennale) ormai da parecchio tempo. E anche il piano didattico (con intenti, obiettivi formativi, ecc...) è scritto e disponibile per la consultazione da parte dei genitori sul sito dell'asilo. Vengono forniti anche i menù (con un sacco di prodotti biologici... ma questa è una chicca del nostro nido)!!
Anche io vorrei spezzare una lancia a favore dei nidi italiani, o meglio nel nido dove va la piccola e dove è andato il grande, che poi è lo stesso posto dove c'è anche la materna. Non metto in dubbio i costi, e qui purtoppo nota dolente. Però per quanto riguarda indipendenza e acquisizione di autonomia e responsabilità, le maestre ci lavorano moltissimo e si vedono i risultati. Poi che usino o no il bavaglino secondo me è veramente un dato molto secondario, ma è solo la mia visione. Se penso a tutti quegli adulti che si mettono il tovagliolo attorno al collo, ma per praticità, cioè per non sporcarsi troppo. Di sicuro dicono di vestire i bambini + comodi e pratici possibile perchè così si sporcano e giocano liberamente. E poi nel mio, vanno fuori anche in inverno e anzi, giacca aperta, senza sciarpa e cappello se no li mollano in mezzo al giardino. DEvo essere sincera che partendo dal presupposto che certi paragoni non si possono neanche fare tra i due paesi, perchè sono due mondi diversi, con profonda invidia per molte cose svedesi, mi è dispiaciuto leggere nel post ancora una sorta di generalizzazione sull'italia, come se avessi consultato tutti i mille asili italiani e anche leggere un giudizio sulle mamme, magari un pò + apprensive di te, si sa siamo diverse, anche io credo che l'indipendenza e l'autonomia dei bambini sia fondamentale, non esiste che i miei figli diventino mammoni, li butto fuori casa (((: però siamo diversi, abbiamo sensibilità cultura formazioni diverse, possibilità di fare esperienze diverse e non mi sento di puntare il dito sulle mamme con la canottiera di lana in mano, pur non condividendo il loro atteggiamento (e non condividendone molti altri, pensa te, un asilo in centro città...). E mi permetto di scrivertelo perchè ti ho sempre letto come una persona aperta, viste anche le scelte e le esperienze fatte. Tutto qui. (:
Assolutamente lungi da me dal dire di essere un'esperta, ripeto. Ma amiche (e una sorella) in Italia con bambini dell'età del mio ne ho, e sento come funziona. Zarinaia, citata nel post, ha lavorato nella scuola dell'infanzia sia in Italia che in Svezia e conosce bene il metodo educativo di entrambe (sarebbe interessante anche una sua opinione, su questo post).
E' chiaramente molto positivo sentire che ci sono scuole "illuminate" e spero proprio che non siano poche mosche bianche. Ma il punto è che non sono la regola. Con un po' di fortuna (anche di vivere nel posto giusto) si trova il posto in queste scuole, altrimenti....peccato.
Il piano formativo qui è una cosa nazionale obbligatoria per tutte le scuole, pubbliche o private, non un optional delle scuole che per loro virtù lo hanno voluto introdurre.
Sul fatto degli orari, siamo proprio sicuri che nessuno mandi i bambini al nido o all'asilo qualche ora, pur non lavorando, per poter stare a casa in pace almeno un po' e banalmente andare a fare la spesa/altro che può anche non essere completamente futile ?
Sull'atteggiamento ansioso/protettivo, certo che è una generalizzazione, d'altra parte impossibile non farla visto che da una parte e dall'altra vi sono tante sfumature che dipendono dal carattere e dall'educazione ricevuta. Ma volendo guardare "in media", la sensibilità per certe cose è completamente diversa. Questa protettività/ansia materna/incapacità di molte persone di "lasciare crescere" non è comunque solo italiana, ma l'ho ritrovata quasi pari pari confrontandomi con conoscenze spagnole e greche (quindi non voleva essere una critica fine a se stessa all'Italia, sembra piuttosto un tratto "mediterraneo").
Questo atteggiamento da mamma chioccia esiste anche in Svezia (direi in gran minoranza) ed è definito "curling", solo che qui questo modo di porsi è spesso ridicolizzato e la stessa espressione che lo definisce racchiude in sè racchiude una certa ironia (curling si riferisce all'omonimo sport dove alcuni giocatori spazzolano e lisciano la pista di ghiaccio per i compagni di squadra che devono lanciare le "stones" - credo che renda bene l'idea).
Ad ogni modo in i Italia, per i racconti dell'asilo e il modo in cui tiriamo su il pupo (e giuro che è il principino di casa, anche se mangia con forchetta e coltello, non porta il bavaglio, esce a giocare con -10°C ed è sopravvissuto a due viaggi in Lapponia d'inverno) siamo stati definiti da molti come "spartani" - non senza una velata punta di critica :)
Silvia, sono d'accordo con te su molti punti, specialmente sull'atteggiamento spesso iperprotettivo delle madri italiane, che generano poi figli ansiosi.
Tuttavia, mi permetto di insistere su un paio di punti. In Italia dal 2000 la legge sull'autonomia scolastica obbliga le scuole di ogni ordine e grado a redigere il POF (Piano dell'Offerta Formativa), che deve essere reso noto ai genitori. Ogni scuola ha il suo POF, è il suo "biglietto da visita" e permette anche alle famiglie di scegliere una scuola piuttosto che un'altra (un po' come nel sistema anglosassone); il POF sostituisce i programmi ministeriali vigenti fino al 2000, ma, pur in questa libertà e autonomia, deve comunque rispettare un "core curriculum" nazionale. Pertanto non è un optional di cui alcune scuole illuminate si forniscono, ce lo devono proprio avere! Poi magari alcune lo pubblicano sul sito, in altre il genitore deve chiederlo in segreteria... ma il POF ci deve essere. Tutto questo negli asili pubblici deve essere rispettato, nei privati... non so. Vero è che in Italia, essendo i nidi pubblici del tutto insufficienti a coprire le richieste, i privati fioriscono ovunque, e credo siano molto meno controllati.
Dal momento che nei nidi pubblici ci sono pochi posti, la concorrenza per entrare è molto alta. Un criterio per ottenere punteggio in graduatoria è proprio che i genitori siano lavoratori, mentre se uno o entrambi i genitori stanno a casa si ha molto meno punteggio e difficilmente si entra. Questo è fatto con lo scopo di riservare posti ai bambini i cui genitori stanno fuori tutto il giorno per lavoro. Un altro criterio è il reddito familiare: più si è "ricchi" (ISEE alto) e più è difficile entrare. Mi ripeto: i nidi in Italia sono cari, carissimi. Se non si lavora è difficile pagare 300-500 euro al mese. Se si è ricchi tanto da potersi permettere la retta senza lavorare significa che si ha un ISEE molto alto, si scende in graduatoria e quindi difficilmente si ottiene un posto.
Oh, poi tutto 'sto discorso è valido per i nidi. Con la scuola materna ed elementare è un altro discorso: generalmente c'è posto per tutti i bambini, non ci sono graduatorie, non si paga (o i costi sono molto più bassi) e cambia tutto.
Grazie comunque per la descrizione dei nidi svedesi. Se devo dirla tutta io sono l'unica mamma che protesta perchè i bambini non vengono portati fuori tutti i giorni, anche d'inverno: le povere maestre mi hanno detto che da parte loro lo farebbero pure, ma gli altri genitori inorridiscono al solo pensiero...
E´proprio il fatto che il piano educativo non sia obbligatorio dappertutto che é un problema. Nei nidi/asili privati non c´é controllo.
Non ho numeri alla mano ma credo che i nidi privati siano molti di piú di quelli pubblici e ne va di conseguenza che la maggior parte dei bambini va ad un nido privato.
Poi la questione del reddito e dell´ISEE, beh, sappiamo tutti come funziona e come si puó "barare"...
Una domanda: se la madre non lavora puo' mandare il figlio all'asilo? (O siccome non lavora deve stare con il figlio?)
valeriascrive
per Valeria: se uno dei genitori non lavora affatto il bambino puo´andare all´asilo solo 15 ore alla settimana, sempre che il genitore sia in cerca di lavoro e iscritto al collocamento, oppure in congedo parentale. Se la madre non lavora per altri motivi (vacanza, o semplicemente perché non vuole lavorare) il bambino sta a casa.
oddio mi pare terribile questa cosa.
Mi pare che passi il messaggio che siccome sei una mamma che sta a casa non hai diritto al tempo per te. Tupo figlio non puo' andare all'asilo perche' tu hai scelto di non lavorare. Probabilmente mi sfugge qualcosa di importante.
sul resto pero' sono d'accordo. Anche mia figlia usa posate grandi come le nostre, bicchieri di vetro e tutto il resto e niente bavaglino.
valescrive
Io ho scelto di non lavorare e mia figlia va ugualmente all'asilo. E penso che serva a lei per stare con altri bambini e a me per fare quelle cose che con lei non posso fare, fosse anche una visita al parrucchiere. C'e' un difetto in questa logica del bisogno, secondo me: chi l'ha detto che una mamma che non lavora non ha bisogno? I bambini possono essere capaci di stancare, di prosciugare. Amo mia figlia ma ho bisogno dei miei spazi. Lavorare non e' soltanto guadagnare uno stipendio, e' anche stare in un ambiente adulto, ricaricarsi, pensare alla propria carriera, avere stimoli adulti. Dedicarsi a un bambino 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 vuol dire dare dare dare dare. E' molto faticoso e a volte anche noioso. Perche' non aiutare le mamme che stanno a casa? (e la risposta non puo' essere: e allora vai a lavorare, cara mamma. Perche' il diritto di scelta lo voglio avere. E magari sono anche viziata perche' e' un ragionamento che mi fa paura. Come dire che le mamme non lavorano). Scusa il messaggio lunghissimo :)
valeriascrive
@ Valeria: è esattamente come scrivi. Giusto o sbagliato che sia. Qui si suppone che una mamma che sta a casa abbia il tempo per stare con i propri figli (d'accordissimo sul fatto che stanca, ma uno deve metterlo in conto), e quindi deve farlo non gravando su un sistema che è a disposizione di chi invece deve stare al lavoro. D'altra parte la mamma che lavora deve andarsi a prendere il pupo appena uscita (viene calcolato il tempo di viaggio dal lavoro all'asilo nè più nè meno) e il "tempo per sé" alla fne non ce l'ha nè l'una nè l'altra.
Quanto al discorso educativo, la regola vale fino ai 3 anni. Dai 3 ai 5 anni viene offerta a tutti (anche alle mamme che sono a casa e non lavorano) la possibilità delle 15 ore alla settimana visto che a quest'ètà è riconosciuta l'importanza educativa dell'asilo, ma non prima.
Sul discorso mamme lavoratrici o no, scelta assolutamente personale ma c'è da dire che la figura della casalinga in Svezia è praticamente inesistente, direi dagli anni '60-'70. Tra conoscenti, persone che vedo al lavoro, ecc non ho mai conosciuto una donna in età lavorativa che stia per scelta a casa. E' una questione culturale, qui la parità dei sessi è molto sentita (come la parità in molte altre cose, fino all'ossessione) e credo che molto dipenda da questo.
L`asilo dove vanno i miei nipotini, periferia sud di Stoccolma, è basato sul metodo Montessori (Montessoripedagogik) ed è gemellato con un asilo_pilota in Emilia Romagna. (di cui purtroppo non ricordo il nome.) Naturalmente le mamme ”svedesi” sono tutte entusiaste di questo metodo ”mediterraneo”. Tanto che molti altri asili svedesi hanno messo in proggeto scambi formativi con asili della stessa zona.
Scambiando ” quattro chiacchere” con la responsabile (föreståndarinna) dell`asilo dove và Minea mi è sembrato di capire che il metodo usato in Italia per l` integrazione dei bambini immigrati sia stato molto apprezzato dal personale svedese.
C`é sempre da imparare qualcosa! (Anche per gli svedesi…)
Un buffettino al piccolo Galileo. (Lui si che è un FUSTO.)
Non credo si tratti di parita'. Se una donna/mamma sceglie di stare a casa non lo fa, mi auguro, perche' pensa che sia l'uomo a dover lavorare. In piu' se un sistema non riconosce alla persona che decide di stare a casa, uomo o donna che sia, un valore sociale, va da se' che tutti vanno a lavorare. Sostanzialmente non c'e' scelta. Il ragionamento pare questo: la persona che sta a casa per scelta si riposa, non produce, non serve alla societa', che almeno cresca la prole.
Quando scrivi che una donna mette in conto che a crescere un figlio si fa fatica, ti posso rispondere che e' una scelta anche lavorare e fare un figlio. Lavorare fuori casa, a meno che non fai il minatore, non e' faticoso tanto quanto crescere un figlio. Generalmente le donne che tornano a lavorare dopo la maternita' rifioriscono, stanno pensando alla propria carriera, ricevono degli stimoli, prendono energie e poi le restituiscono. Lavorare a casa con o senza bambini e' molto piu' frustrante, ci si dedica sempre a qualcun altro. Credo che questo sia sottovalutato sempre e credo che sia alla base di tante depressioni. E mi pare inconcepibile anche che fino a tre anni un bambino debba essere penalizzato se la mamma, o anche il papa', sceglie di non lavorare. La babysitter non ha la stessa funzione dell'asilo. Insomma, tante cose :), scusa se mi sono dilungata, mi fermo qui :)
(vorrei fosse chiaro che non ne faccio una questione di sessi, ma di diritto di scelta).
Leggo sempre il blog e mi piace.
ciao!
valeriascrive
Per come la vedo io, se uno dei due della coppia (potrebbe essere anche l'uomo, ma succede di rado) sceglie di stare a casa lo fa perchè in primis può permetterselo (condizione necessaria e fondamentale). Poi, se la decisione di stare a casa non è una costrizione ma è una scelta consapevole, deve anche piacere, ovvero uno sceglie la cosa che ritene migliore per sè e che lo fa stare meglio.
Chi sceglie di lavorare/tornare a lavorare lo fa secondo me perchè l'economia familiare altrimenti non va avanti oppure perchè l'interesse per il lavoro è maggiore dell'interesse che si trae dallo stare a casa tutto il giorno (io per esempio non ho lo spirito della casalinga e mai l'avrò, non ci posso fare nulla), o perchè dispiace semplicemente buttare alle ortiche anni di studio.
Non sono affatto d'accordo sul fatto che lavorare fuori casa+crescere un figlio sia meno faticoso di stare a casa+crescere un figlio. Chiaro che dipende dal lavoro, ma non si tratta solo di fatica fisica. Per esempio nel mio lavoro ci sono tanti stimoli ma il lavoro stesso risucchia tante di quelle energie che spesso si arriva a casa non proprio freschi come rose...e andare al lavoro e starci per 8 ore dopo una notte insonne perchè il pupo non dorme non è esattamente energizzante... Questa cosa che si prendono energie e poi si restituiscono mi sembra un po' idealizzata...
Sono d'accordo che qui non viene riconosciuto molto il valore sociale di chi sta a casa per scelta e quindi il sistema è costruito per incentivare gli altri. Forse, come dici tu, si pensa che il lavoro sia non solo produttivo ma faccia bene alla persona stessa in quanto permette di mantenere relazioni adulte. C'è anche da dire che la legge qui incentiva molto il part-time e lascia molta flessibilità al lavoratore, e molti (uomini e donne, indistintamente) non lavorano 40 ore alla settimana.
Infine, parlando meramente di costi, se il sistema-asili dev'essere sostenibile a livello pubblico (orari-costi-qualità), è ovvio che ci devono essere delle limitazioni da qualche parte, e la prima condizione è che ne possano usufruire solo le persone che ne hanno strettamente bisogno, tutto qui. Altrimenti si deve preferire un sistema come quello italiano, australiano o americano dove ci sono nidi/asili/daycare privati che costano un occhio, per chi non entrerebbe mai nelle graduatorie pubbliche per il fatto di essere a casa.
La mia lavoro e casalinga. di tre bambini. Le ho tenuti tutti tre a casa fino a 2,5 anni dopo ad asilo ma unicamente per fa loro fare amicizie. mezza giornata meno ore non ce da scegliere. e se cerano bambini fuori qui da goicare con le avevo tenuto di piu ancora. senza nonni baby sitter o altro. ce stati malattie e mio marito ha fatto il suo parte. e bello sapere che sono stata io a crecerle. E ce lo fatta .. non perche e finito ancora. ho potuto trasmettere le mie valori e principi. e non e tardi ancora per lavorare.. E non e che le insegnio cosa devono pensare invece Di pensare.
L'unica cosa su cui ho i miei dubbi é la limitazione oraria quando il genitore é in congedo parentale. Non é che stare a casa i primi sei mesi con un infante sia esattamente semplice. E non so nemmeno immaginare come sarebbe se ci fosse un altro bimbo a cui badare contemporaneamente.
Poi magari sono io una buona a nulla.
Bixx
Cara anonima,
capisco che tu abbia bisogno "dei tuoi spazi" ma come spieghi che qualsiasi madre lavoratrice -come me- ha gli stessi bisogni tuoi e pure ce la fa lo stesso a conciliarli? (ce la deve fare per forza!)è qui che mancano piuttosto che nidi a 8 ore al giorno per persone come te, dei baby parking per un paio d'ore per permettere alla mamma di andare dal parrucchiere piuttosto che a fare la spesa, come in tutti i paesi civilizzati !(tranne in Italia ovviamente)
guarda che è fattibile visto che ce la facciamo tutte ! è vero che tu mi dirai tu ci stai tutto il giorno cn loro mentre noi stiamo al lavoro (e ci divertiamo anche inn certi casi) e quindi è in un certo senso il nostro "spazio". Però non di certo quello della spesa o dell'estetista che è uno in più !
Ludo
Ciao,
spacciare la questione degli orari di permanenza come un vantaggio mi sembra un pò una forzatura. Anche perchè, se per assurdo fossero stati aperti 24 ore al giorno, saremmo qui a osannare l'efficienza del sistema svedese confrontandola con la situazione italiana.
Personalmente hod ei dubbi anche leggendo i punti 3 e 4.
A me invece piace molto questa cosa delle ore limitate ai periodi di lavoro, perché appunto non ci sono sprechi e così tutti possono permettersi l'asilo nido a prezzi convenienti. Mi sembra un"ottima cosa. Poi se una vuole andare dal parrucchiere può anche lasciare il figlio per un paio d'ore al marito, credo che in Svezia e in molti altri paesei, in qualche raro e fortunato caso anche in Italia, non ci sia niente di scandaloso in questo :P
D.F.
A partire dai 3 anni, tutti i bambini in Svezia p
ossono andare all'asilo, a prescindere da cosa fanno i genitori. Fino ai 3 anni ci deve essere la necessita' da parte dei genitori (lavoro, studio, in cerca di lavoro ecc).
Victoria
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