domenica 28 febbraio 2010

Voci di dissenso

Ancora prima del nostro trasferimento in Svezia, quando avevamo iniziato a manifestare la nostra intenzione di lasciare l'Italia, ci siamo spesso confrontati con le opinioni contrarie di chi ci è vicino. Se in generale non è facile emigrare (sia dal punto di vista "mentale" che da quello meramente "pratico"), tanto meno lo è farlo contro il parere di chi sta più a cuore, e intuire che qualcuno sia in qualche modo "scontento" della nostra scelta non è esattamente una bella sensazione.

A più riprese, prima della nostra partenza, si è discusso, in un modo o nell'altro, di come poterci far desistere dal nostro proposito di andarcene, con l'elogio degli aspetti positivi del vivere in Italia (relativa vicinanza dei genitori, casa di proprietà, lavoro fisso nel caso di Gabriele, clima, cibo, e bla bla bla) e con la proposta di poco realistiche alternative per risolvere i problemi che ci hanno portato all'emigrazione. Anche ora che siamo qui, e che raccontiamo a voce e sul blog quello che ci accade più o meno ogni giorno, ogni evento spiacevole, finora davvero raro e banale, che ci accade viene largamente discusso e la conclusione di ogni simile discorso è così riassumibile: "sembra che le cose lì non stiano andando proprio bene (e tra parentesi forse sarebbe stato meglio che ve foste rimasti in Italia, lì di questi problemi non ne avreste avuto)". Certo: ne avremmo avuti di ben altri e di ben più importanti che prendere una multa di 30 euro o di pensare come convincere l'IKEA a emettere una fattura per una sedia da lavoro. E, per soddisfare la curiosità di tutti, qui in realtà le cose in generale vanno decisamente bene e la nostra qualità di vita è migliorata sensibilmente rispetto a quando eravamo in Italia.

Ecco, io penso che la percezione di come si vive in Italia al giorno d'oggi da parte di chi è già fuori dal mondo del lavoro e non vive più i problemi quotidiani di una giovane famiglia sia abbastanza diversa da come l'Italia l'abbiamo vissuta noi ultimamente. Chi ha vissuto la propria giovinezza e vita lavorativa negli anni 60-70-80, quando il mercato del lavoro "tirava", quando si viveva bene con uno stipendio medio in una famiglia di 4 persone, quando a 30 anni e con poco più di una decina di anni di lavoro ci si comprava la casa senza indebitarsi per la vita, quando ci si poteva permettere di offrire ai propri figli un'educazione scolastica di qualità e una serie di attività alternative (studi musicali, sport, ecc.), ecco chi ha vissuto in questi anni probabilmente fa fatica a capire come l'Italia di oggi sia cambiata e come, crisi o non crisi, sia molto difficile permettersi di offrire ai futuri figli almeno quello che noi abbiamo ricevuto dai nostri genitori (e non solo materialmente, ma anche in termini di valori nella società italiana d'oggi).

E da qui la seconda critica che spesso ci è stata rivolta, più o meno velatamente: "perchè, con le vostre capacità e le vostre idee, non rimanete e cercate di cambiare l'Italia partendo dal vostro piccolo ?" Grazie della fiducia, ma al di là di essere onesti e fare del proprio meglio sul lavoro e nella vita di tutti i giorni (cosa che già applicavamo), che senso ha lottare contro i mulini a vento senza speranza alcuna di cambiare un sistema corrotto dai vertici fino alla base, finendo per esaurirsi e "non vivere" ? A mio avviso, meglio andarsene: d'altra parte continueremo a dire la nostra (se a qualcuno interessa) su questo blog, e con il nostro voto dall'estero possiamo sempre esprimere la nostra opinione su quelli che vorremmo fossero i cambiamenti nella nostra Italia (ammesso che la nostra opinione valga ancora qualcosa).

Per farci tornare non servono riconoscimenti teorici, articoli su giornali più o meno diffusi, o la fama. Serve un cambiamento vero, di quello che si tocca con mano e nella vita di tutti giorni. E finchè questo non accadrà, spiacenti, ce ne staremo qui, e cercheremo di realizzare tutti i nostri sogni, la vita in fin dei conti è una sola.

sabato 27 febbraio 2010

L'era glaciale è finita?

Ecco, prima o poi sarebbe successo. Dopo tre mesi passati a temperature che qui chiamano "minusgrader" ossia sottozero, in questi ultimi giorni la colonnina del mercurio si è affacciata timidamente alla fatidica soglia che determina, per l'acqua, il passaggio tra lo stato solido e quello liquido (a pressione atmosferica si intende...).
Questo significa che è iniziato un processo che a mio avviso non sarà breve durante il quale le montagne di neve iniziano a sciogliersi lentamente, grazie anche al contributo "distruttivo" delle deboli piogge quando le temperature sono sopra lo zero. E così la neve ha iniziato a perdere il suo bianco candore ed il colore dei cumuli di neve ai lati delle strade sta mutando verso un grigio scuro, marrone. Non c'è più sulla sede stradale quella fantastica farina nevosa asciutta che ha regnato sovrana per tutto il cuore dell'inverno; la farina ora ha lasciato il posto ad una fanghiglia più o meno bagnata.
Le situazioni più difficili però si incontrano sui marciapiedi e sulle zone riservate ai pedoni dove la neve pressata e bagnata, grazie magari a qualche ora sottozero durante la notte, si trasforma in una miscela scivolosa fatta di neve, ghiaccio e sassolini anti scivolo che però vengono subito inglobati dalla miscela e perdono il loro effetto benefico. Camminare ora diventa un esercizio di equilibrio e non è difficile vedere persone di tutte le età avanzare con andature improbabili.

L'altra sera avevo calzato ai piedi un paio di scarponcini che non avevo mai messo prima durante l'inverno perché non adatti alle temperature diciamo "molto" sotto zero. Appena uscito allo scoperto mi ero chiesto che problema avessero le suole di questi scarponcini ma poi, confrontata l'esperienza con altre persone, ho scoperto l'arcano: l'era glaciale è (quasi) finita, è iniziato il disgelo.
Le condizioni meteorologiche del prossimo mese decreteranno la velocità con cui tutta la neve se ne andrà. Non sarà un bel mese sicuramente e le scarpe saranno spesso sporche, ma è il modesto prezzo da pagare per aver goduto di un inverno senza precedenti da molti anni a questa parte !

giovedì 25 febbraio 2010

Cattivo pagatore ?

Era successo negli ultimi mesi dell'anno scorso a Silvia, prima in occasione della richiesta di concessione della carta di credito alla banca, e poi per la sottoscrizione dell'abbonamento alla tv via cavo. Ma in questi giorni è successo anche a me: mi è stato negato l'acquisto di un oggetto dopo una procedura di ricerca sul credito.
Come forse vi ricorderete, nell'autunno dell'anno scorso, ho aperto qui in Svezia quella che potrebbe essere l'analogo della partita IVA in Italia: una "enskild firma". Come raccontato in un post precedente, la fase burocratica di avvio iniziale è filata via liscia senza particolari complicazioni visto che quasi tutto si fa via internet e senza troppo sforzo né bolli. Ovviamente come qualsiasi attività permette oltre che di emettere fatture (se si lavora ovviamente) anche di pagare delle fatture per servizi o beni che si acquistano il cui costo può poi essere detratto dall'imponibile.
Ma eccoci dunque all'inghippo. Luogo del misfatto: IKEA di Linköping.
Dopo diversi mesi trascorsi a lavorare seduto su una sedia di legno (una di quelle in dotazione al tavolo del soggiorno), avevo pensato bene di comprarmi una sedia-poltrona da lavoro seria. Così la scorsa settimana dopo un'attenta valutazione e prova sul campo di tutte le poltrone disponibili all'IKEA eravamo giunti alla cassa con la scatola della nostra bella poltrona da montare nel carrello. Alla mia richiesta di poter avere una fattura (visto che la poltrona la avrei usata appunto per lavorare) mi è stato richiesto di effettuare la procedura di registrazione come nuovo cliente business in modo tale da poter successivamente pagare la fattura direttamente alla cassa.

Fatto sta che dopo aver lasciato giù tutti i dati all'impiegato di turno ed inoltrata la richiesta, dopo venti minuti di attesa, è arrivata la risposta negativa da parte della Ikano Bank. In pratica, cosa era successo ? L'IKEA prima di fatturare (non importa se io pagavo subito visto che non mi serviva alcun tipo di finanziamento) ha richiesto alla sua banca delle informazioni sulla solidità finanziaria della mia ditta. Ovviamente io non avendo ancora presentato alcuna dichiarazione delle tasse annuale (lo farò per la prima volta a maggio) figuro diciamo come "pagatore non troppo affidabile". Non importa se pagavo cash e se avevo già versato le mie belle prime tasse... non avevo ancora fatto la mia prima dichiarazione dei redditi !
Questa cosa del controllo sul credito, che ritengo essere un'ottima cosa onde evitare poi di dover pagare degli avvocati per riscuotere i crediti, purtroppo durante il primo anno di attività in cui si risiede in Svezia solleva non pochi problemi ai nuovi arrivati. Su questo dovrebbero essere leggermente più flessibili soprattutto se il pagamento viene effettuato seduta stante... ma non importa, noi intanto una bella lettera di reclamo all'IKEA gliela abbiamo già spedita... oltre ovviamente ad avergli lasciato la poltrona. Vediamo come andrà a finire.

martedì 23 febbraio 2010

Voglio andarmene da qui, ma...

Da quando abbiamo aperto questo blog riceviamo, sempre piú frequenti, mail da chi ci legge e sogna, piú o meno realisticamente, di emigrare in Svezia. Si tratta di persone molto eterogenee per etá, stato famiglia, livello di istruzione, attuale occupazione, curriculum, conoscenza linguistica. Una delle domande piú frequenti che ci vengono poste é "sono diplomato/laureato in... e ho esperienza lavorativa come... Vorrei sapere quali possibilitá di lavoro ci sono in Svezia".

É abbastanza evidente che, non avendo nessuna esperienza di lavoro in agenzie di collocamento, e gran poca esperienza in settori lavorativi che non siano i nostri, facciamo gran fatica a dare una risposta a tutti coloro che ci pongono un simile quesito. É anche ovvio che ogni situazione é a sé stante, e quindi ci é difficile dare un giudizio basandoci sulle poche e magari vaghe informazioni che possono essere contenute in una semplice mail. Ed infine chiediamo scusa a quanti ancora aspettano una risposta (lavoriamo tutti e due, e giá tenere il blog aggiornato é impegnativo): con un po´ di pazienza scriveremo a tutti !

Quindi scriviamo questo post per riassumere quelle che sono le nostre opinioni riguardo a ció che puó rendere l´emigrazione un successo (o un fallimento), e quali sono alcune cose fondamentali da tenere in considerazione quando si inizia a pensare ad un salto cosí importante.

1. Iniziate a pensare a cosa lasciate, e a cosa pensate (realisticamente) di trovare nel nuovo Paese. Magari fate una lista dei pro e dei contro. Il Paese Perfetto non esiste, semmai esiste un posto che per voi va meglio, tutto considerato, di quello dove giá siete. Magari cercate di approfondire la situazione socio-culturale odierna del Paese dove intendete emigrare, e non basatevi solo sugli stereotipi. Questo ovviamente vale per la Svezia ma anche se avete scelto un qualsiasi altro Paese

2. Lingua. In Svezia si parla lo svedese. Che poi la maggior parte della gente parli anche l´inglese, e ad un livello molto buono, é un altro discorso. Partire con la convinzione che con l´inglese si trovi qualsiasi lavoro in Svezia é pura follia, anche se si tratta di un lavoro poco o per nulla qualificato. In fin dei conti: perché qualcuno dovrebbe assumere personale non qualificato che non parla svedese invece di personale, altrettanto non qualificato e disposto a fare lo stesso lavoro, che parla la lingua ? Un discorso a parte vale per pochi lavori particolari, qualificati, e per cui c´é carenza di personale in Svezia. Lo stesso discorso a parte vale per chi lavora da casa e su internet (e potrebbe farlo dalla Svezia come dall´Italia come da Timbuctú). Ma appunto si tratta di eccezioni, non della regola. Studiare lo svedese, prima di arrivare in Svezia, apre moltissime porte, oltre che quella (magari fondamentale) dell´ufficio di collocamento (http://www.ams.se/).

3. Lavoro (quello futuro). Pensate a cosa sapete fare. E questo vale tanto in Svezia come da qualsiasi altra parte. Inutile scrivere: "non ho qualifiche particolari, sono disposto a fare di tutto". Iniziate da qualcosa, cercate di capire quali sono i vostri punti forti e che cosa vi piacerebbe fare veramente. Cercate di essere propositivi, in primo luogo con voi stessi, e di mettere a frutto i vostri talenti e le eventuali qualifiche/titoli di studio. A volte anche un hobby, una passione possono trasformarsi in un lavoro ! Cercate contatti, anche su internet: da una semplice mail di richiesta informazioni possono nascere interessanti opportunitá.

4. Lavoro in Italia. Un discorso é partire quando la situazione in Italia é disperata e senza prospettive. Un altro é mollare un lavoro certo senza avere un "paracadute" nel caso in cui l´avventura all´estero non vada proprio come previsto. Partire all´avventura in un Paese straniero, di cui magari non si conosce una parola della lingua locale, senza lavoro né idee concrete per trovarlo, beh mi sembra abbastanza una pazzia (alcuni hanno fortuna, ma molti altri e piú numerosi se ne tornano con la coda tra le gambe). Se potete, cercate lavoro dall´Italia e fate qualche "giro esplorativo" in vacanza nel vostro Paese di destinazione (anche per vedere com´é il posto, se non ci siete mai stati: non si sa mai). Se avete la possibilitá di prendervi un´aspettativa, questa puó essere una buona idea per "provare" all´estero con la possibilitá di tornare indietro. Informatevi sulle possibilitá previste dalla legge (e a volte sconosciute a capi/capetti/burocrati).

5. Abitudini e stile di vita. La Svezia non é l´Italia. Si trova il cibo italiano, la pasta Barilla, il caffé Lavazza e quasi tutto il resto (a prezzi variabili, ovviamente). Ma se si crede di non riuscire a sopravvivere senza l´espresso quotidiano preso al baretto sotto casa, o senza altre abitudini tipicamente italiane, allora forse é meglio restare, per evitare di soffrire quotidianamente e di sbuffare per ogni cosa che non é come a casa propria. Una bella dose di spirito d´adattamento é senza dubbio fondamentale. Mettete in conto, all´inizio della vostra avventura, una dose di fatica (fisica e mentale) almeno doppia di quella che fareste nelle stesse condizioni in Italia.

6. Qualunque sia la vostra destinazione, sappiate che partire é dura, non é facile nemmeno adattarsi e ci vuole un bel periodo di acclimatamento. Ma se le premesse sono quelle giuste, é una bellissima ed arricchente esperienza.
Buon viaggio !

domenica 21 febbraio 2010

Cacciatori di tornado e Sanremo

L’atmosfera era quasi familiare, un’ottantina di persone, soprattutto amici e parenti hanno affollato il piccolo teatro Odissée dove venerdì sera abbiamo assistito alla premiére del film “66 jours dan la Tornado Alley”. E mescolati nella platea c’era anche qualche protagonista del film-documentario sui cacciatori di tornado tra cui il sottoscritto ed un amico svizzero.
Non mi era mai successo prima e devo dire che è una sensazione molto bella vedersi dall’altra parte dello schermo, ripreso dalle telecamere. E devo dire che il lavoro di Felix (il regista) è stato sapiente in quanto è riuscito a rendere bene tutti gli aspetti della “dura vita del cacciatore di tornado” che, come si dice, è 90% attesa e 10% adrenalina pure. Nel suo video racconto non manca nulla, dai ritrovi mattutini per lo studio della situazione meteorologica, alla lunga guida per ore e ore nelle immense praterie d’America, dalle interminabili attese che si formi il temporale giusto ai frenetici momenti della caccia, dell’inseguimento del temporale perfetto tra chicchi di grandine enormi, fulmini che cadono poco distanti dalle auto, fino alla materializzazione del tornado.
Il gruppo di cacciatori italiani ha regalato a Felix l’occasione che attendeva dopo oltre quaranta giorni trascorsi nelle strade della Tornado Alley, passando da un gruppo di cacciatori al successivo senza aver mai grande fortuna nella caccia grossa. Quello che si prospetta davanti alle telecamere il 23 maggio 2008 in uno sperduto angolo di Kansas è il sogno di tutti i cacciatori di tornado: uno splendido tornado con il suo vortice nero di polvere e detriti in un contrasto di luce perfetto che attimo dopo attimo si avvicina regalando pochi minuti di autentica adrenalina! Chapeau…
Parigi però ci ha “regalato” anche un’altra chicca. Facendo zapping sulla tv dell’albergo siamo finiti su RAI1 e così ci siamo regalati due happening che ci mancavano da un po’: il telegiornale delle 20 e, attenzione attenzione, la serata finale del Festival di Sanremo. Il TG è stato un susseguirsi di cattive notizie, dalla frana in Calabria, alle bombe sparse in giro per il paese, per fortuna che poi il festival, è riuscito persino a farci sorridere a tratti specie con la simpatica canzone di Cristicchi. Ma è durato troppo poco, perché quando gli italiani hanno scelto (con il televoto) le tre canzoni finali, mi sono sentito molto deluso ed ho spento la tv. Ok è una questione di gusti musicali sicuramente, ma premiare un trio “d’altri tempi” che porta sul palco un testo un pochetto poverello…

Aggiunta del 24 febbraio. Gustatevi questo video che è spettacolare. Il caso ha voluto che circa al minuto 3' del video si vedano per qualche secondo i quattro personaggi del "Il mago di Oz" famosissimo racconto ambientato in Kansas, la patria dei tornado.

giovedì 18 febbraio 2010

Parigi arriviamo !

Domani partiremo per un breve weekend parigino organizzato al volo per un'occasione molto speciale. Come forse alcuni di voi sapranno, io e Silvia coordiniamo un'associazione di appassionati di temporali e tornado che si chiama Thunderstorms. Tra le varie attività che abbiamo organizzato in questi ultimi anni, ci sono state anche due edizioni (nel 2007 e 2008) di un viaggio-avventura a caccia di tornado negli Stati Uniti d'America cha abbiamo battezzato "Tornado Tour".
Nella seconda edizione i nostri due equipaggi (avevamo due grandi furgoni bianchi con i quali abbiamo percorso oltre 10.000 chilometri assieme ad una decina di persone) sono stati filmati per alcuni giorni da un giovane regista francese che si trovava in America proprio per riprendere coloro che ogni anno vanno a caccia di tornado.
Felix Bassous, questo il suo nome, dopo aver trascorso più di due mesi nella Tornado Alley (la parte centrale degli Stati Uniti d'America) ed aver filmato ore e ore di pellicola, è riuscito a completare il lavoro di montaggio e soprattutto è riuscito nell'impresa di vendere il suo documentario ad un paio di televisioni francesi. Venerdì sera quindi alle 20 ci sarà una premiére a Parigi, la sua città natale, e noi siamo felici di poterlo nuovamente incontrare nella capitale francese dopo quasi due anni.
Per chi volesse gustarsi qualche emozionante scena del documentario qui sotto è disponibile un breve video. Verso la fine del video si vede uno dei nostri due furgoni bianchi e le persone che filmano il grande tornado che quel indimenticabile giorno avevamo cacciato. Per i più curiosi c'è anche la cronaca della caccia di quel giorno. "66 jours dans la Tornado Alley" è il titolo del documentario.




mercoledì 17 febbraio 2010

La Brontomacchina discriminata?

Ebbene questa mi sento di dire è la prima volta che ho qualcosa da ridire sulla Svezia, o forse meglio sul comportamento di un individuo. E' accaduto ieri, quando nel pomeriggio sono andato nel parcheggio pubblico dove di solito lascio la Brontomacchina (il Discovery). Premetto che si tratta di un parcheggio libero (di quelli con la P bianca su sfondo blu) quindi teoricamente senza limitazioni né costi.
Infatti tutto è filato liscio per molti mesi, diciamo pure da quando la macchina è arrivata qui in Svezia a luglio dell'anno scorso. Il parcheggio infatti è utilizzato sempre dalle stesse persone in quanto più o meno ci sono sempre le stesse macchine che vi sostano immobili per giorni e settimane. Da quando poi ha iniziato a nevicare, ad inizio dicembre, alcune macchine (circa una decina) non sono state mai mosse in quanto giacciono sotto un'improbabile coltre di neve e penso debbano aspettare solo il disgelo per uscire dalla morsa del ghiaccio. Fatta questa doverosa premessa arriviamo al "fattaccio". Come anticipato, una volta arrivato al parcheggio per usare l'auto, ho trovato sul parabrezza appena imbiancato da qualche fiocco di neve, un foglietto di plastica con all'interno una bella multa.

Non ci potevo credere. Ma veramente non ci potevo credere. Sono sceso ed ho iniziato la perlustrazione del parcheggio perché era veramente qualcosa di incomprensibile. Nessun'altra auto aveva alcuna multa. La spiegazione riportata nel foglietto illustrativo era abbastanza chiara: sosta superiore alle 24 ore con tanto di controllo sulla posizione delle singole ruote. Beh in effetti, l'auto è rimasta parcheggiata là per quasi sette lunghi mesi... quindi nulla da eccepire su questo. Sinceramente però questo particolare articolo del regolamento comunale sui parcheggi mi era sfuggito, anche perché non vi è alcun cartello esplicativo in merito.
Stamattina sono andato al comando di polizia del comune per chiedere spiegazioni ed ho ottenuto un bel modulo di reclamo ma nessuna spiegazione perché l'autore della multa era in malattia.... strano mi dico... o forse non troppo, sentite qua perché.
1) Perché la multa mi è stata data solo dopo sette mesi di parcheggio libero ed incondizionato, soprattutto quando il parcheggio per di più è difficilmente agibile vista la montagna di neve ivi presente e il fatto che non viene pulito dal comune?
2) Perché solo la mia auto (unica con targa straniera) ha ricevuto il simpatico omaggio?
Sono venuto in Svezia perché la legge in Italia non mi sembrava proprio uguale per tutti e adesso fanno questo proprio a me? Aahahah...

Oggi pagherò le 300 KR, compilerò il mio bel modulo di reclamo e mi rivolgerò pure al "Byrån mot diskriminering", l'ufficio contro la discriminazione... non vi puzza strana la faccenda anche a voi che solo la mia povera auto italiana aveva la multa? Per forza il tipo oggi è in malattia, secondo me si è beccato un esaurimento (non infrequente) e si sfoga ogni tanto dando multe a destra e a manca ai primi malcapitati stranieri pensando che magari questi se ne stiano zitti e paghino. Ma il Sig. X ha a che fare con noi... e su queste cose non molliamo! Alla prossima puntata per la risoluzione del mistero del parcheggio incondizionato.

martedì 16 febbraio 2010

La bandiera svedese

Questa sera la Svezia ha vinto la sua seconda medaglia d'oro ai Giochi Olimpici di Vancouver. La gara era il biathlon maschiale di 12,5km e come era successo anche per la vittoria di ieri di Charlotte Kalla nella dieci chilometri tecnica libera di fondo, le televisioni svedesi hanno dedicato ampi spazi alle imprese degli atleti. E stamattina anche le previsioni del tempo del SMHI (il servizio meteorologico nazionale svedese) apriva il bollettino meteo con un simpatico gioco di parole tra il cognome dell'atleta ed il freddo inverno (freddo si dice appunto "kall, kallt, kalla").
Ma quello di cui vi volevo parlare era qualcos'altro. Erano le bandiere. Si perché in questi giorni olimpici capita spesso di vedere molte volte sventolare le bandiere dei paesi scandinavi che sono tutte accomunate da un fattore: la presenza della croce, la cosiddetta croce scandinava o nordica che simboleggia la cristianità. La prima bandiera della serie ad essere utilizzata è stata quella danese già tra il 1200 e il 1300, seguita poi da quella svedese istituita nel XVII secolo; rispettivamente all'inizio ed alla fine del XIX secolo risalgono invece le bandiere norvegese ed islandese (che sembrano una il reciproco dell'altra). L'ultima del gruppo è stata la bandiera finlandese alla fine della prima guerra mondiale.
I colori della bandiera svedese sembrano derivare dallo stemma nazionale svedese, quello con le tre corone dorate in campo blu. L'origine della bandiera tuttavia non è del tutto certa e ci sono anche alcune leggende che vi aleggiano attorno. Ad ogni modo gli svedesi sembrano molto attaccati ad essa e molte case hanno il loro palo dove sventola costantemente il vessillo giallo-blu. Anche noi nell'area verde sotto casa (che da due mesi è solo bianca...) abbiamo un "palo comunale" ossia gestito dal comune, il quale si occupa di issarvi la bandiera svedese nelle occasioni in cui viene richiesto (ci è stato detto anche nel giorni di compleanno della famiglia reale ed in effetti la abbiamo vista sventolare più di qualche volta...).

domenica 14 febbraio 2010

Il silenzio della domenica mattina

Stamattina, nel giorno di San Valentino, sono uscito quando mancava ancora qualche minuto alle 8 per andare all'ospedale a prendere in auto Silvia che aveva appena terminato il turno di notte al pronto soccorso. Mi sembrava il minimo in questa giornata di festa degli innamorati...
La domenica mattina sembra che il tempo si fermi da queste parti. Mentre durante la settimana alle 7.30 è tutto un andare e venire di gente a piedi, in bici, in auto chi per andare al lavoro, chi per portare i bimbi all'asilo o a scuola, oppure a far passeggiare il cane, la domenica mattina sembra che qualcuno abbia cristalizzato e immobilizzato tutto, paesaggi ed esseri viventi.
In giro non c'è nessuno, nessun rumore, solo il cinguettio di qualche uccello sugli alberi e lo scricchiolio della neve sotto le scarpe. All'incrocio i semafori sono tutti rossi in attesa di diventare verdi all'arrivo della prima auto, ma nessuna macchina si va viva all'orizzonte... ho il tempo per pensare a tutta questa neve che ancora la fa da padrona in questo inverno veramente nordico. Con domani sono esattamente due mesi che il paesaggio è completamente bianco e devo dire che non mi ha ancora stancato. Vedere la neve cadere fuori dalla finestra o camminando in un ampio viale alberato regala ancora autentiche emozioni da bambino.

Forse il prossimo anno non sarà così, tutti lo dicono che questo è straordinario, ma intanto il sole è sempre più alto in cielo durante il giorno e la luce a mezzogiorno non ha più quella tonalità gialla che ha a dicembre. Le giornate si stanno allungando e velocemente... a quando allora il disgelo? Per il momento non ci penso, mi voglio godere più a lungo possibile questo paesaggio incantato e il silenzio ovattato della domenica mattina. Nel frattempo... buon San Valentino a tutti !

venerdì 12 febbraio 2010

Sporche storie di rifiuti

Ogni giorno non perdo l'abitudine di guardare le prime pagine dei giornali italiani online giusto per tenermi aggiornato su quello che succede in patria. Beh per dire la verità quasi sempre ne rimango molto deluso, le solite notizie di cronaca nera, di corruzioni, insomma la solita solfa.
Oggi però lo sguardo, che a volte mi rendo conto essere abbastanza distaccato dalle notizie, si è soffermato su una parola a me familiare: ARPA.
E non si tratta dello splendido strumento musicale bensì della sigla per identificare le Agenzie Regionali Per l'Ambiente che sono presenti in più o meno tutte le regioni d'Italia. Meno di un anno fa anche io lavoravo ancora per una di queste agenzie regionali, quella con la V di Veneto attaccata in coda.
E la notizia riguarda proprio le due regioni d'Italia a cui sono più attaccato: il Friuli perché ci sono nato e il Veneto perché vi ho studiato e lavorato. Il titolo è tosto da mandare giù, come spesso accade per i titoli dei quotidiani, scritti più per attirare l'attenzione del lettore che per altro: "Medicinali scaduti smaltiti nel terreno. Fermata una banda tra Veneto e Friuli". Nel sottotitolo si affonda il colpo: "Tre arresti, indagati due funzionari dell'Arpa di Udine. Seicentomila chili di rifiuti in provincia di Treviso".
Mi prendo la briga di leggere per evitare di rimanere troppo coinvolto dal titolo e scopro che il tutto è iniziato dalla scoperta di una discarica abusiva di rifiuti sanitari in un'area destinata a parcheggio all'ospedale di Latisana. GULP, ho letto bene? Ma è il mio paesello natio, nel profondo nord-est... rimango a bocca aperta e poi mi ritornano alla mente le immagini e le parole raccontate in una delle storie del film Gomorra. Anche la sera in cui vidi per la prima volta quel film stetti male.
Ma con il passare del tempo subentra un grande rischio: quello di abituarsi a queste brutte storie, quello di credere che siano oramai la normalità... e quando ci si abitua allora è grave perché viene a mancare l'attenzione verso certi fatti... ma cosa ci puoi fare quando sono proprio i giornali che, sempre pronti a denunciare qualsiasi fatto pur di fare notizia, poi invece si dimenticano di raccontare come le storie vanno a finire. Forse farebbe molto meglio a tutti sapere che i responsabili ed i colpevoli vengono alla fine puniti, che c'è una giustizia da qualche parte, ma queste belle notizie non fanno cronaca...
Quella di oggi è solo una delle tante, ormai troppo storie di corruzione che dilagano sia nel privato come nel pubblico in quello che era il Bel Paese e che stanno interessando tutti i settori e il nord come il sud ormai.
Lo smaltimento illegale di rifiuti è una brutta cosa, perché a rimetterci alla fine è sempre chi non ha colpa: la gente comune. Fortuna va' che qui l'ambiente sembra avere un livello di priorità un pelo diverso...

mercoledì 10 febbraio 2010

Bandy: chi lo conosce?

Quando per la prima volta poco più di un anno fa arrivammo qui in Svezia in gennaio per la nostra "perlustrazione" ebbi il primo contatto con questa nuova parola: bandy. Eravamo stati invitati a casa dal futuro primario di Silvia per una cena di benvenuto e alla televisione stavano trasmettendo quella che al primo sguardo poteva sembrare una partita di hockey su ghiaccio.
In realtà subito mi fu spiegato che si trattava appunto di bandy.

Molto simile al calcio nostrano il bandy si gioca su due tempi di 45 minuti con undici giocatori per parte su un campo di ghiaccio delle stesse dimensioni di un campo da calcio, con due porte alte due metri e larghe tre e mezzo. La palla che una volta era un pezzo di sughero e poi di corda con il tempo si è trasformata in una palla di plastica di circa sei centimetri di diametro dal peso di 60 grammi. Ovviamente servono pattini ai piedi e la mazza da bandy.

Lo sport ha anche regole simili al calcio ed è molto meno violento dell'hockey visto che i corpo a corpo sono molto meno frequenti.
La federazione internazionale bandy (IBF) istituita nel 1955 in Svezia con la sede che dal 1979 si trova a Katrineholm, comprende 27 paesi al mondo tra cui anche l'Italia (dal 2003); non sarà come la FIFA ma tuttavia ha i numeri per organizzare ogni anno un campionato del mondo o come viene chiamata da queste parti una VM (VärldsMästerskap). Dal 1957, anno di svolgimento della prima competizione mondiale, l'Unione Sovietica (poi diventata Russia) e la Svezia si sono spartite tutte le medaglie d'oro ad esclusione di unica vittoria della Finlandia nel 2004.
E pochi giorni fa si è conclusa la VM 2010 che ha sancito, per il secondo anno di fila, la vittoria della Svezia dopo un filotto di tre vittorie della Russia. Sapete con chi si è disputata la finale? Con la Russia e la vittoria è arrivata solo ai tempi supplementari per 6-5.

martedì 9 febbraio 2010

L'onestà comincia anche da questo

Da inizio gennaio sto seguendo un corso di lingua e letteratura svedese. La scuola (comunale e gratuita) che organizza il corso, per venire incontro alle necessità di molti che durante il giorno lavorano, offre anche l'opzione "corso a distanza", che consiste in una parte di studio individuale, con obbligo di consegna via mail dei compiti a casa a scadenze programmate, e in una serie di prove scritte o orali (3-4 per semestre) che si devono sostenere di persona a scuola.
Ebbene ieri per la prima volta ho dovuto consegnare la prima parte del lavoro svolto a casa, loggandomi al sito della scuola, dove campeggiavano le "regole" della casa, chiare e concise:
- alla prima "infrazione" (leggi: chi copia da altri, o scarica materiale da internet per utilizzarlo illecitamente nelle proprie produzioni letterarie, o commette qualche altro tipo di irregolarità simile): invalidazione del compito, che dev'essere rifatto;
- alla seconda: espulsione dal corso;
- alla terza: espulsione dalla scuola.
Three strikes and you're out, senza eccezioni.
Chi controlla ? Ogni singolo compito (non a campione) viene sottoposto ad un controllo tramite un software (Ephorus, usato anche in alcune scuole e università nordiche e nordamericane) in grado di identifiare i plagi.
Mi è impossibile non immaginare cosa succederebbe in Italia, dove chi copia o imbroglia è spesso visto come il più furbo e "figo" e gli insegnanti spesso e volentieri lasciano correre... e la mia memoria è corsa subito ai tempi del liceo e dell'università, in cui durante i compiti in classe e gli esami l'aula si trasformava in un campo di battaglia con bigliettini volanti, o più o meno nascosti.
Sarebbe molto semplice, in Italia, non tollerare gli imbrogli, anche di minimo conto, fin dalle elementari, stabilire con fermezza punizioni certe e valorizzare invece l'onestà. Ma tutto questo non sembra molto di moda ultimamente.

lunedì 8 febbraio 2010

Poste Italiane: senza parole e... senza speranza

Vi ricordate l'avviso di raccomandata che mi era stato recapitato in Italia l'11 gennaio e che avevo qui raccontato? Bene la raccomandata, dopo il primo tentativo di consegna, era sparita, viaggiando tra Veneto e Lombardia e finendo a Milano. Dal 18 gennaio non si è più saputo nulla.
Così dopo aver provato a contattare le Poste telefonicamente ma senza successo visto che dopo nove minuti di attesa al telefono è caduta la linea, il 21 gennaio ho fatto il primo reclamo ufficiale tramite il modulo disponibile nel sito web di Poste Italiane. La risposta che mi è pervenuta il 2 febbraio dal Servizi Postali Qualità e Gestione Reclami è stata la seguente:
"Gentile Cliente, ci riferiamo alla Sua comunicazione del 21/01/2010 inerente il mancato recapito della raccomandata n.xxxxxx spedita il 11/01/2010 e a Lei diretta. Al riguardo siamo spiacenti di comunicarLe che per un disguido verificatosi in fasi di recapito, l'invio risulta rispedito al mittente. Spiacenti per l'accaduto cogliamo l'occasione per porgerLe Distinti Saluti".
Ovviamente tralascio per educazione i commenti e il giorno stesso procedo con un secondo reclamo per poter riuscire almeno a venire a conoscenza del mittente, visto che se questa persona/ente mi ha inviato una lettera raccomandata probabilmente voleva comunicarmi qualcosa di importante, giusto?
Oggi ricevo la seconda risposta che diciamo pure un pochino sospettavo; tuttavia speravo dentro di me non si sfiorasse l'assurdo fino a tal punto. Ecco le parole del Servizio Reclami:
"Per motivi di privacy non è consentito fornire indicazioni sui dati del mittente".

Vada anche la privacy ma come è possibile che io non possa sapere chi mi ha spedito la raccomandata? Mi sento tanto preso in giro... come faccio a non pensare che la trasparenza che c'è qui e di cui qualcuno forse si lamenta (perché diverse informazioni personali sono disponibili a tutti) sia una brutta cosa?
In fin dei conti se avessi ricevuto quella benedetta raccomandata avrei aperto la busta e visto ovviamente il mittente, o no? Non penso che nessuno si metta a spedire in giro raccomandate anomime...
Che dire... a questo punto non so più cosa fare...se fare un terzo reclamo chiedendo dei danni (magari qualcuno ha già avuto esperienze simili) oppure mandargli semplicemente "a quel paese" (per essere gentile) e fregarmene della raccomandata. Viva le Poste Italiane !

domenica 7 febbraio 2010

A misura di bambino

Siete in licenza parentale e siete disgraziatamente precipitati nella spirale malefica delle 3 P (pappe, pianti e pannolini) ? Allora è ora di mettere il naso fuori casa, giusto per fare una veloce passeggiata fino al cinema qui vicino, comodo e riscaldato (oltre che annesso al museo d'arte moderna che ha l'entrata gratuita, se siete interessati al genere).
Sbirciando tra le varie proposte cinematografiche ho trovato questo in aggiunta alla presentazione del film, guardate un po':

"För föräldralediga med bebisar. Lägre ljud och svagt upplyst salong. Vagn får tas med in. Skötbord och microvågsugn finns. Biljetter 50 kr, bebisar har fri entré!"

Ovvero:

"Per genitori in maternità/paternità con i propri bebé. Audio più basso e sala leggermente illuminata. Le carrozzine possono essere portate con sé all'interno. A disposizione fasciatoio e forno a microonde. Biglietti 50 kr, i bebé entrano gratis !"


Il film è una commediola americana senza troppe pretese, ma l'idea è molto carina.

sabato 6 febbraio 2010

Ghiaccioli

Era inevitabile e prima o poi sarebbe successo in quest'inverno così bianco. Le tanta neve caduta in queste settimane, le temperature che a volte con l'aiuto di tiepidi raggi di sole in qualche giornata si portano in prossimità dello zero, provocano il parziale scioglimento di piccole quantità di neve sui tetti che piano piano poi si trasformano in altrettante straordinarie creature della Natura: le "stalattiti" di ghiaccio che qui chiamano "istappar".

Ovviamente il termine stalattite non è adeguato in quanto sarebbe riservato per le formazioni calcaree delle grotte ma l'effetto finale è simile: enormi ghiaccioli appuntiti che pendono come delle barbe bianche dal bordo dei tetti.
In questi giorni, andando a lezione di svedese in centro, mi diverto a percorrere vie e strade sempre diverse alla ricerca delle "istappar" più belle. Il fatto è che oltre ad essere indubbiamente spettacolari, rappresentano un serio pericolo un po' per tutti, sia per chi va a piedi sia per chi deve frequentare per una ragione o l'altra i marciapiedi. E non escluderei di togliere dalla lista anche le autovetture che sono parcheggiate a filo marciapiede. E così in questi giorni si vedono operai alle prese con gru e carrelli che vengono issati fin sui tetti per rimuovere le situazioni più pericolose. A sentire il giornale di Norrköping la questione è seria e per questo si stanno dando da fare per porvi rimedio: in passato ci sono state delle vittime per la caduta di ghiaccioli non solo in altre città della Svezia, ma anche qui da noi.

Appena si gira l'angolo di una strada è meglio svolgere lo sguardo all'insù per valutare il rischio presente e magari attraversare la strada e godersi lo spettacolo dall'altra parte. Il bello di percorrere la città a piedi, è che hai tutto il tempo per guardare, fermarti, girarti, magari fare dietro-front e tornare un attimo indietro oppure infilarti in qualche angolo per ammirare uno scorcio particolare. L'auto e a volte anche la bicicletta non permette tutto questo. Ed è così che allora ti capita di questi tempi di incontrare incredibili figure come le grondaie strette nella morsa del ghiaccio o le biciclette che, forse non utilizzate per qualche giorno di troppo, si sono trasformate in vere e proprie sculture polari...

giovedì 4 febbraio 2010

Inferno e Paradiso

Oggi come tutti i giorni sono andato al corso di svedese. Tutto è filato sempre liscio in questi giorni fino ad oggi quando per alcuni minuti si sono vissuti attimi di "tensione". Cosa può essere mai successo vi chiederete voi? Nulla di particolare per me e per la maggioranza dei presenti ma per qualcun altro invece l'episodio ha sollevato spinose questioni religiose.
Il fatto scatenante è stata la lettura di una storiella in svedese scelta per la presenza di diverse parole dalla pronuncia difficile, ricca di suoni tipicamente svedesi, dove tutti noi potevamo esercitarci. Fatto sta che non appena l'insegnante ha iniziato a leggere, subito un ragazzo (di cui non conoscevo ancora il paese d'origine) ha interrotto l'insegnante chiedendo di cambiare storia altrimenti lui avrebbe lasciato l'aula.
Quella incriminata è una simpatica storiella molto istruttiva in cui i protagonisti sono un uomo e Dio, dove l'uomo cerca una risposta alla differenza tra Inferno e Paradiso. Nulla da eccepire per noi, ma per il ragazzo, il fatto di dover parlare di Dio (anche se la storiella aveva poco a che fare con l'aspetto religioso) e il semplice fatto di dover leggere la parola Dio era qualcosa di inaccettabile. Così è iniziata una discussione tra il ragazzo che spiegava le sue motivazioni in inglese e la nostra insegnante che, con la sua impassibilità tipicamente svedese, rispondeva in svedese, cercando di fargli capire che poi non c'era nulla di male in fin dei conti, che la storiella aveva un buon esito... ma nulla da fare, il ragazzo continuava ad insistere prendendo la cosa molto seriamente, mentre la classe in completo silenzio (ammutolita) assisteva alla scena. L'insegnante dopo aver suggerito al ragazzo di andare a parlare con il rettore per spiegare la sua "incazzatura" ha deciso di proseguire (giustamente) e il ragazzo ha lasciato l'aula. GULP !

Quando ho poi parlato con la mia vicina di banco (irachena di Bagdag) mi ha confermato che il tipo a suo avviso aveva preso la cosa un po' troppo alla lettera.... in fin dei conti, a sentir lei, siamo qui per apprendere una lingua e per imparare a convivere con una cultura diversa dalla propria (specie quando vivi in un paese come ospite, aggiungo io!). Ad ogni modo la storia non è finita qui: tutti hanno letto il loro pezzo per esercitare la propria pronuncia ad esclusione di una ragazza (che tra l'altro porta sempre una cuffia di lana in testa sopra il velo) che ha preferito non leggere.
Alla fine ho scoperto che il tipo viene dallo Yemen. Non oso immaginare cosa avrebbe detto se qualcuno avesse proposto di vedere il film "Una settimana da Dio" con Jim Carrey...

Vabbè, per togliere tutti i dubbi, ecco il testo incriminato. Chi mastica un pochino di svedese lo può leggere in originale, per chi ha bisogno di un aiutino più sotto mi sono cimentato in una traduzione; forse qualcuno la conoscerà già...

"En man fick chansen att träffa Gud och där få en fråga besvarad. Han bad Gud att förklara skillnaden mellan himlen och helvetet.
Gud tog honom först med till helvetet. De kom in i ett rum där mannen kände den ljuvligaste doft av mat. Han såg en stor gryta över en eld och människor som stod runt omkring. Det konstiga var att människorna runt grytan såg eländiga och svältfödda ut. Alla hade mycket långa skedar som räckte ända ner i grytan, men på grund av att skedarna var så långa, lyckades de inte få upp maten till sin egen mun och de dog sakta men säkert av svält.
När de sedan kom in i himlen, kom de till ett likadant rum med samma ljuvliga doft, en gryta med stuvning och människor med lika långa skedar. De som stod runt grytan såg välnärda ut och glada. De åt och skrattade.
– Men, sa mannen, hur kan det vara en sådan skillnad?
– Enkelt, sa Gud, här har de lärt sig att mata varandra"

"Un uomo ebbe la possibilità di incontrare Dio ed avere così la risposta ad una sua domanda. Voleva che Dio gli spiegasse la differenza tra il paradiso e l'inferno.
Dio lo portò prima all'inferno. Arrivarono in una stanza dove l'uomo sentì il più buon profumo di cibo. L'uomo vide una grande pentola sul fuoco e degli uomini che vi stavano attorno. La cosa strana era che gli uomini attorno alla pentola sembravano miserabili ed quasi morti di fame. Tutti avevano dei cucchiai molto lunghi che finivano proprio dentro la pentola, ma per il fatto che erano così lunghi, gli uomini non riuscivano a portare il cibo alla bocca e così erano destinati a morire di fame.
Quando poi l'uomo e Dio andarono in paradiso, arrivarono in una stanza simile con lo stesso buon profumo, la pentola con lo stufato e gli uomini con gli stessi lunghi cucchiai. Quelli che stavano attorno alla pentola sembravano soddisfatti e contenti. Avevano mangiato e ridevano.
- Ma, disse l'uomo, come puà esserci una tale differenza?
- Facile, disse Dio, qui hanno imparato a darsi da mangiare a vicenda".

mercoledì 3 febbraio 2010

Full immersion di svedese


Come vi avevo detto la settimana scorsa è iniziato per me, dopo lunghi mesi di attesa, il corso intensivo di lingua svedese SFI (svenska för invandrare). Il corso è organizzato dal comune per tutti gli immigrati con diritto di residenza. Il problema è che da quando ci si mette in lista, al momento in cui si viene sottoposti al test di ingresso e poi al momento in cui si inizia effettivamente il corso, possono passare anche diversi mesi, nel mio caso 4 mesi e mezzo dalla registrazione effettuata ad inizio settembre dell'anno scorso.
In questi mesi quindi ho fatto per lo più l'autodidatta studiando a casa e tramite il supporto delle molte risorse che si trovano sul web. Ma andare a scuola è un altro discorso. Dalla settimana scorsa mi sto rendendo conto che qualcosa sta iniziando a cambiare dentro di me. Il mio più grande problema è stato sempre quello relativo alla comprensione delle lingua parlata. Lavorando per il momento da casa e non avendo quindi grandi opportunità per praticare il mio svenska, l'apprendimento è stato lento, questo fino alla settimana scorsa.
Da mercoledì scorso però sono entrato in una full immersion di svedese. La classe è formata da una ventina di "alunni", il livello è il C, ossia per persone laureate. La maggior parte dei compagni di scuola sono ragazze, noi maschietti siamo solo in tre ! Ovviamente sono l'unico italiano ma in compagnia di qualche "vicino" come un ragazzo macedone (che faceva il cyber investigator nella polizia in patria) ed una ragazza serba. Per il resto è l'Iraq e la Thailandia ad avere le rappresentanze più numerose. Nella mia stessa condizione (unici rappresentanti del loro paese d'origine) ci sono una ragazza vietnamita e una danese (che si sembra di origine araba però...).

Quella delle foto è la scuola in centro dove mi reco ogni giorno o in bici (sempre che non nevichi) o a piedi come in questi ultimi giorni; è un bell'edificio in mattoni... la foto ovviamente è di quest'estate, se lo vedete adesso è tutt'altra cosa !

Le insegnanti sono due; la lingua inglese è stata severamente vietata pena bacchettate sulle mani... e l'instillamento dello svedese avviene in diverse modalità che stimolano tutti i sensi: si scrive, si ascolta, si parla e si legge. Tutto è sempre molto interattivo e viene data molta importanza alla lingua parlata... siamo continuamente stimolati ad esprimerci utilizzando il nostro svedese di base anche per rispondere a domande non sempre banali.
Il corso come ho detto è intensivo, tre ore al giorno per cinque giorni alla settimana, ma mi rendo conto che è veramente la cosa migliore da fare... concentrando tutte le energie in uno sforzo che può durare al massimo qualche mese (a sentire le insegnanti) si sarà in grado presto di comprendere e farsi comprendere in svedese senza più problemi !
Pensate che ieri, quando ho fatto il colloquio con l'insegnante più esperta, lei mi ha consigliato "vivamente" di parlare svedese anche a casa, visto che Silvia ormai lo padroneggia perfettamente. Mi ha concesso l'utilizzo dell'italiano solo durante l'helg, il weekend. Questa si che è una tipa tosta!
Concludo dicendo che tutto il materiale (fotocopie, fogli, cartellina con cartoncini divisori, utilizzo delle aule, dei computer, ecc.) è completamente gratuito e rientra nei servizi offerti dal comune. Che dire, ci sarà da aspettare qualche mese, ma poi... tanto di cappello !

martedì 2 febbraio 2010

Gli stereotipi non valgono sempre

Qualche sera fa abbiamo avuto il privilegio di partecipare ad una festa di compleanno speciale, una festa privata su invito dove noi eravamo gli unici "non svedesi" presenti. Spesso ci si sente dire che gli svedesi sono freddini, non sono persone da pacca sulla spalle e "vecchio amico mio", caratteristica invece tipica dei popoli mediterranei. Qualcuno sostiene addirittura che uno svedese non esca sul pianerottolo di casa senza prima essersi accertato attraverso lo spioncino che non ci sia nessuno già là fuori. Difficile attaccare bottone sull'autobus o in ascensore dicono.
Ma la nostra presenza alla festa di compleanno di Felicia, che assieme al marito Jan Olof gestisce l'ormai famoso Bed&Breakfast "Västra Station" qui in città, è stata la dimostrazione che non sempre gli stereotipi sono validi, ma rappresentano spesso e per forza di cose una generalizzazione frutto di una valutazione media e magari un po' superficiale.
Dovete sapere che il B&B "Västra Station" ha rappresentato per noi il primo punto di contatto con la città di Norrköping quando, quella che ora è la nostra città, era solo un nome su una carta geografica (piccolo spot pubblicitario: qui il link al loro sito internet per chi fosse interessato - qui invece un video in svedese, ma interessante anche per chi non parla la lingua, su come una vecchia stazione sia stata trasformata in un B&B pieno di charme). Vi abbiamo soggiornato un anno fa, quando a gennaio 2009, terminata la specializzazione di Silvia, partimmo da soli e "senza agganci" di sorta, per un'esplorazione preventiva di un Paese che per noi era ancora completamente sconosciuto. Da allora Felicia e Jan Olof e la loro ospitalità hanno rappresentato per noi un punto di appoggio, e ci hanno aiutato anche ad affrontare le prima difficoltà burocratiche e di ambientazione. Quando arrivammo ad aprile con la macchina stracarica delle nostre cose passammo ancora da loro la prima notte da emigrati in suolo svedese proprio il giorno prima di entrare nell'appartamento in cui ora viviamo.
Non possiamo nascondere che per noi questa amicizia è motivo di orgoglio e rappresenta un esempio di integrazione. E questa famiglia svedese non è l'unica con cui abbiamo stretto rapporti di amicizia: ci sono naturalmente tra gli altri anche Anna e Martin (i nostri amici di Linköping) ! In questo, vivere in una città di provincia in Svezia, ti offre maggiori occasioni di integrazione, occasioni per vivere la vera Svezia un po' più da dentro. Forse da questo punto di vista la grande città come Stoccolma, non facilita questo genere di contatti; è inevitabile che quando si vive in una città dove ci sono tanti connazionali, si tende a fraternizzare di più con loro. Norrköping, da questo punto di vista (visto che gli italiani si contano in due mani se va bene), per noi rappresenta per ora l'optimum e ci permette di allacciare rapporti con tante persone diverse.