sabato 16 febbraio 2013

Leadership alla svedese

A suo tempo, Giulia aveva scritto un ottimo post sulla formazione medica in Svezia con tanto di considerazioni sulla sua corrispettiva italiana. Non è mia intenzione qui aggiungere altre considerazioni alla formazione clinica degli specializzandi in Svezia, ma qualche pensiero su altri aspetti formativi e qualche considerazione sul lavoro.

Piccola ricapitolazione: sono arrivata in Svezia nel 2009 con una laurea in medicina e un diploma di specializzazione in medicina interna. Dopo aver lavorato per circa 2 anni in una clinica dell'ospedale della città dove viviamo, dal novembre 2011 ho iniziato un nuovo lavoro in un vårdcentral (presidio di medicina di base) in campagna. Questo ha comportato un notevole cambio di mansioni lavorative e per me la possibilità (non l'obbligo) di conseguire una seconda specializzazione in medicina generale (ndr per chi lavora nel campo: questa specializzazione NON è equivalente nè come contenuti nè come riconoscimento legale al corso triennale per MMG). Dal momento che le conoscenze di medicina generale hanno molto a che vedere con la medicina interna, mi è stata "abbuonata" una parte della specializzazione fatta in Italia, mentre dovrò completare con le parti mancanti. E qui la cosa di fa interessante, perché le parti mancanti rilevanti non sono tanto i piazzamenti clinici (leggi: periodi di lavoro più o meno lunghi in altri reparti), quanto i corsi obbligatori. Molti di questi corsi sono comuni a TUTTE le specialità indipendentemente dal tipo, ed è proprio questa la cosa interessante: cosa si ritiene importante per la formazione di un medico (oltre alle conoscenze tecniche) ?

Consapevolezza dei propri punti di forza e delle proprie debolezze.
Capacità di lavorare in gruppo minimizzando gli attriti nonostante le differenze caratteriali e attitudinali, sfruttando proprio queste al meglio per creare un team completo.
Capacità di comunicare in modo adeguato (anche dal punto di vista emotivo) con il paziente.
Nozioni di economia sanitaria e legislazione nell'ambito medico.
Come - in futuro - sapere ricoprire adeguatamente un ruolo di leader e saper interagire in modo corretto con i proprio collaboratori.

Ecco, i corsi su queste tematiche sono molto costosi per il datore di lavoro (nel mio caso la regione) ma nondimeno sono OBBLIGATORI per ottenere la specialità.
In Italia il mio unico ricordo dei corsi fatti durante la specializzazione è di lezioni accademiche tecniche dall'utilità a volte molto discutibile (vedi, ancora una volta, il post di Giulia). Nessuno sembrava porsi la domanda di come rendere un gruppo di lavoro efficiente, di come sfruttare al meglio le competenze - le più svariate - di colleghi e personale vario, di come gestire i conflitti e risolverli in modo positivo. In Italia il mio ricordo è di molte primedonne, a cui la buona gestione dell'ambiente lavorativo, "l'aria" che si respirava sul lavoro e il rispetto per i colleghi e sottoposti erano secondo piano rispetto all'interesse personale e alla volontà di apparire e affermare la propria superiorità.
 
In Svezia invece il "politically correct" sul lavoro è portato quasi all'estremo e l'esaltazione dell'eccellenza individuale è cosa sconosciuta (attenzione: non è l'eccellenza che manca, ma la volontà di farne sfoggio). Di sicuro però non manca la capacità di creare gruppi di lavoro funzionanti, che non significa semplicemente aggregare singoli individui affinché lavorino insieme. Il capo in tutto questo non è in posizione di evidente superiorità ma è solamente chi ha una visione d'insieme, tira le fila e  provvede a fare in modo che le attività procedano senza intoppi e con uno sguardo al futuro. Questo su piccola, media e grande scala.

Esulando poi dalla medicina e dando uno sguardo ad altri campi, lavorativi e politici, si ritrova in molti altri ambiti esattamente lo stesso pensiero. Se ne discuteva recentemente con un amico svedese, che da diversi anni ricopre una posizione importante in organismi pubblici: per un leader sono inaccettabili atteggiamenti superbi o sopra le righe, e un tale comportamento porterebbe con certezza ad una richiesta di dimissioni. Che ne dite, utopia in Italia... ?

5 commenti:

Carla ha detto...

Utopia purtroppo....

Bruno ha detto...

Quello che e' difficile e' far capire agli italiani che questo tipo di atteggiamento non e' una sorta di oppressione social-democratica che vuole appiattire le persone.
Inoltre una azienda, statale o privata che sia, trae vantaggio da questo tipo di organizzazione perche' in questo modo il lavoro viene compiuto dalla squadra e noi dai singoli, se dovesse venire a mancare un genio-primadonna- facciotuttoio il lavoro viene comunque portato a termine senza problemi.

cristina ha detto...

Ciao,
da collega desiderosa di iniziare una specializzazione in medicina in Svezia mi chiedevo: in che senso la specializzazione che tu stai facendo ora e' diversa dal corso triennale Italiano?

Fede Rica ha detto...

Ciao Silvia, mi sembra un sogno quello che scrivi! io sono una collega italiana che lavora in un piccolo ospedale di provincia, unica con la mia specializzazione in tutto l'ospedale, e non mi sono mai sentita più sola! corsi del genere li sto facendo a mie spese e nei fine settimana, perchè la totale incapacità di lavorare in team è un nostro grande limite. perchè in Italia non si riesce a fare capire questo? perchè dobbiamo andarcene da questo Paese per riuscire a lavorare con serietà e umiltà e poter aiutare i malati??? non è forse per questo che abbiamo deciso di fare i medici?..... qui mi sembra non sia più così...

Anonimo ha detto...

Ciao, questo atteggiamento esiste anche in materie umanistico-scientifiche come la mia. All'inizio sembra limitante ma non lo è. Buona specializzazione : )
Ale